Quale è l'ultimo pittore della luce, del sole, di Dio? L'ultimo pittore che ha dipinto potentemente un soggetto religioso, una natività, una crocefissione? In sostanza chi è stato il simbolista italiano per eccellenza? Senza dubbio, Gaetano Previati. Ai suoi esordi Previati, nato a Ferrara nel 1852, si mostra neobarocco e perfino caravaggesco, come nell'episodio di profanazione, Una pia donzella ai tempi di Alarico (1879) di pittura preziosa e materica. Si tratta di un dipinto visionario e potente per un autore che era uscito dalla scuola di due accademici e classicheggianti come Giovanni Pagliarini e Girolamo Domenichini, considerati a quel tempo i maggiori pittori ferraresi, nella Scuola di Belle Arti, e aveva continuato gli studi a Firenze, per essere infine accolto, grazie a un sussidio ottenuto per la sua riconosciuta bravura, nel 1876 all'Accademia di Brera, a Milano, dove segue i corsi di Giuseppe Bertini. Tra le prime opere note si distinguono Gli ostaggi di Crema, una tela di grandi dimensioni che vinse il premio della Fondazione Canonica. Ma il primo successo è il Valentino a Capua che Previati invia alla Nazionale di Torino del 1880.
Di questo momento sono il drammatico Cristo crocifisso (1881) e il Torquato Tasso. La Crocifissione ha un respiro potente e arcaico, quasi neoromanico, ed è proiettata contro un cielo tempestoso, oscurato da nuvole nere, ultima testimonianza pittorica di verità religiose, espressione di una fede solida e certa.
A Milano, Previati condivide le esperienze della Scapigliatura lombarda. I suoi dipinti, spesso di argomento storico o sociale, hanno una libertà pittorica travolgente. Penso alle Fumatrici d'oppio e a Prima comunione (1884), con i quali Previati si affranca da qualunque precedente descrittivo, per registrare intuitivamente soltanto un istinto psichico che nella seconda opera riproduce il turbamento delle comunicande, tutte di spalle, mentre il vescovo somministra il sacramento come una punizione, in una atmosfera fosca, annebbiata dall'incenso, diffuso con il turibolo dal chierichetto anch'esso di spalle. Un tassello giallo, come il «petit pain de mur jaune» della veduta di Delft di Vermeer eternato da Proust, a sinistra splende sul grigio diffuso del fondo. Un dipinto sconvolgente, di esecuzione libera e veloce, quasi informale, ignota anche agli impressionisti più radicali come Monet, negli stessi anni. Nel volto allucinato del vescovo c'è la premonizione di Bacon, del suo rivisitato Innocenzo X. Previati stupisce, sorprende. Del 1893 è la Madonna dei gigli, esempio di spiritualismo simbolista sull'onda di Segantini. Previati è orientato verso un'arte «ideista» espressa attraverso la tecnica divisionista, adottata dopo l'incontro con Vittore Grubicy de Dragon, mecenate e mercante esclusivo di Previati a partire dal 1898. Discepolo di Segantini, alla sua morte assume il ruolo di caposcuola dei divisionisti, e lo declina in chiave estatica e religiosa; con Mattino, Previati indica un esempio del nuovo stile con la «spezzatura del colore» che potenzia l'intensità della luce.
Negli anni dal 1887 al 1890, mentre illustra i racconti di Edgar Allan Poe, in corrispondenza con la sensibilità del Simbolismo europeo, in particolare con Felicien Rops e Odilon Redon, e dipinge il primo, romantico e descrittivo, Paolo e Francesca (1887), si avvia a una interpretazione allegorica e mistica, come in Maternità, esposta nella Pinacoteca di Brera alla Triennale di Milano del 1891.
Previati inizia una ricerca di trasfigurazione simbolica della evidenza dei dati visivi, elaborando uno stile originale dalle luminose gamme cromatiche e dalle lunghe, filiformi, avvolgenti pennellate. Come nel decennio precedente, negli anni '90 il pittore, sempre più prolifico, espone e partecipa attivamente al dibattito artistico; a partire dal 1895, quando concepisce la prima versione del Funerale di una vergine, fino al 1914, è invitato alle esposizioni internazionali d'arte di Venezia, dove nel 1901 e nel 1912 è presente con mostre personali. Del 1903 è il potente Carro del Sole, pura luce. Le altre opere attraverso le quali Previati si afferma sono quelle legate al tema della «maternità», la serie della Via Crucis, la Caduta degli angeli, la Danza delle ore, il Trittico del giorno, le varie redazioni del Funerale di una vergine, e le illustrazioni legate a soggetti letterari, come i trecento disegni per I promessi sposi di Alessandro Manzoni.
Nel 1902, al culmine della maturità artistica, partecipa alla Secessione di Berlino. Nel 1905 vince la medaglia d'oro alla Quadriennale di Monaco. Nel 1907 allestisce la «Sala del sogno» della VII Biennale di Venezia, ed espone al Salon des peintres divisionnistes italiens, organizzato a Parigi dal mercante Alberto Grubicy il quale, con il fratello Vittore, fonda nel 1911 la Società per l'Arte di Gaetano Previati, acquistando un nucleo consistente di dipinti che verranno esposti nelle mostre organizzate a Genova (1915) e a Milano (1916 e 1919). Nell'arco di vent'anni, in soggetti ripetuti come Paolo e Francesca, si apprezza il passaggio da una descrizione naturalistica a una visione spiritualistica. Del 1912 è il capolavoro simbolista di Previati, Il sogno, seguito dal ciclo per una sala da musica al Vittoriale. Del 1916 il trittico Le vie del commercio per la Camera di commercio di Milano. Sul piano teorico Previati elabora il trattato sui Principii scientifici del Divisionismo e Della pittura: tecnica ed arte. Nell'ultimo periodo dipinge nature morte e paesaggi marini, come in una regressione infantile alla esperienza naturalistica, che oscura e adombra le elaborazioni idealistico-astratte del decennio precedente. Una fuga dal dolore per la morte della moglie e di un figlio, nel 1917, che aggravano il suo debole stato di salute, fino alla rinuncia alla pittura.
Previati aveva per un tratto affiancato l'avanguardia futurista e la metafisica che ne esaltavano, attraverso Boccioni e De Chirico, la visione spiritualistica e onirica. Dopo tre anni di solitudine, Previati muore a Lavagna nel 1920.
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