Come previsto: elezioni rinviate in Pakistan

Oggi la commissione elettorale annuncerà un posticipo di un mese

Slitta l'appuntamento elettorale in Pakistan. L'annuncio ufficiale arriverà oggi, ma ormai è scontato che la commissione elettorale centrale suggerirà un rinvio di almeno quattro settimane. Lo hanno lasciato intendere chiaramente fonti governative e gli stessi portavoce della commissione elettorale. Le attese elezioni dell'assemblea nazionale, il Parlamento federale, nonché di quattro assemblee provinciali, dovevano svolgersi l'8 gennaio, ma a questo punto non si terranno prima di metà febbraio.
La decisione è pesantemente contestata dal Ppp, il partito del popolo pachistano, che a tempo di record ha designato una nuova leadership dopo la morte di Benazir Bhutto: il figlio diciannovenne della Bhutto, Bilawal, e il vedovo, Asif Zardari, sono i due co-presidenti e hanno chiesto che le elezioni si svolgano secondo il calendario previsto.
Tuttavia l'ex premier Nawaz Sharif, che guida l'altra principale formazione dell'opposizione, dopo aver inizialmente appoggiato il Ppp nella richiesta di andare al voto immediatamente, ha poi cambiato linea, dichiarando accettabile «un breve rinvio». Sicuramente chi non ha nessuna intenzione di andare alle urne sull'onda emotiva dell'omicidio della Bhutto è il partito del presidente Musharraf, il Pml-Q, che rischia una sonora batosta, dato che è al governo che viene imputata, se non la responsabilità diretta dell'attentato, almeno la colpa di non aver disposto adeguate misure di sicurezza per proteggere la vita del capo dell'opposizione.
Con un rinvio di qualche settimana il Pml-Q spera di recuperare terreno, soprattutto dimostrando che il governo ha il controllo del Paese e che la situazione sta tornando alla normalità. In effetti le notizie che arrivano dal Pakistan indicano che l'ondata di scontri e violenze sta scemando, mentre riaprono negozi ed uffici. Sicuramente la tensione resta altissima, ma ogni ora che passa sembra confermare che il rischio di una guerra civile non è più imminente.
Tra l'altro anche se, attraverso alcuni suoi esponenti, il Ppp ha minacciato proteste con inevitabile strascico di scontri e violenze in caso di rinvio dell'appuntamento elettorale, il partito della famiglia Bhutto può trarre a sua volta qualche vantaggio dal rinvio, soprattutto tenendo conto che Bilawal Bhutto è troppo giovane per essere eletto al Parlamento ed intanto ha molto saggiamente abbandonato il Paese, tornando alla casa di famiglia in Dubai. Suo padre, Asif Zardari, non ha certo una reputazione cristallina a causa di accuse di corruzione, peraltro mai approdate in tribunale. Alla fine il candidato premier del Ppp potrebbe essere il vicepresidente del partito, Makhdoom Amin Fahim, ma questa scelta non è completamente consolidata.
Del resto mancano in Pakistan le condizioni oggettive per consentire che il voto si svolga regolarmente e senza gravi incidenti: la distribuzione dei certificati elettorali è tutt'altro che completa, mentre molti seggi sono stati attaccati, le urne e le schede bruciate, durante i tumulti scoppiati all'indomani della strage che è costata la vita a Benazir Bhutto e decine di suoi fedeli.

Mandare milioni di pakistani al voto l'8 gennaio rischiava di essere lo stimolo per nuovi scontri e incidenti ed è quindi logico che le cancellerie internazionali non siano affatto contrarie ad un rinvio, purché contenuto. E se nel frattempo Pervez Musharraf riuscirà a riportare il Paese alla calma e se il suo partito potrà recuperare qualche voto… sarà ancora meglio. Un trionfo del Ppp potrebbe essere davvero destabilizzante.

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