Economia

Prezzi petroliferi, la paura fa 80 dollari

In netto calo tutte le Borse. L’Opec assicura: le forniture superano la domanda

Paolo Giovanelli

da Milano

Petrolio nuovamente record, a 78,03 dollari al barile a Londra, 78,54 a New York, sull’onda della crisi mediorientale, mentre nelle Borse si sta diffondendo sempre più la preoccupazione per le ripercussioni della situazione internazionale. Gli analisti ritengono comunque molto improbabile che il conflitto in atto tra Israele e il Libano possa portare a un embargo dell’export petrolifero dei Paesi produttori «a meno di sviluppi estremi», mentre l’Opec assicura che continuerà le forniture e si dice «preoccupata». I future del greggio a settembre sono però ormai a quota 80 dollari al barile.
Intanto il G8 che inizia oggi a San Pietroburgo non sembra fatto per rasserenare lo scenario: Putin si sta trasformando sempre più da zar a vero e proprio «sceicco» attraverso il controllo delle principali società russe del settore. Le azioni della compagnia statale Rosneft, che è stata collocata per il 14,3% a prezzi d’affezione, sono andate a ruba: tra i nuovi azionisti figura non solo la Bp, che avrebbe comprato il 10% di quanto collocato spendendo un miliardo di dollari, ma anche la cinese Cnpc e la malese Petronas. E questo nonostante Rosneft sia diventata un colosso in seguito alla tutt’altro che limpida incorporazione della Yuganskneftgaz, filiale della Yukos che Putin ha sottratto all’oligarca Khodorkhovski, spedendolo in galera per presunta evasione fiscale. Il finanziere George Soros ha lanciato l’allarme (inascoltato): il lupo russo perde il pelo... Così oggi Putin potrà presentarsi al G8 con la forza del più grande produttore mondiale di energia, tanto nel gas quanto nel greggio.
E ieri il presidente del Consiglio, Romano Prodi, in una intervista alla Reuters ha detto che Gazprom potrebbe vendere direttamente gas ai consumatori italiani attraverso un accordo con le utility. Prodi ha spiegato che l’obiettivo della Russia è raggiungere direttamente i consumatori italiani, mentre le società italiane Eni ed Enel desiderano fare ingresso nel mercato russo della produzione di energia. Sul fronte del gas l’Ucraina sta valutando la possibilità di chiedere un prestito di oltre un miliardo di dollari al Crédit Suisse per fare scorta di gas in vista dell’inverno. Il basso livello delle scorte ucraine è una minaccia per le forniture all’Europa, che potrebbero essere tagliate da Kiev per approvvigionarsi, come è già accaduto lo scorso inverno.
L’accelerazione degli ultimi giorni alla corsa del prezzi petroliferi sembra preoccupare non solo i Paesi consumatori (ieri tutte le Borse europee hanno chiuso in ribasso tra l’1 e l’1,9%%, mentre Wall Street in serata perdeva lo 0,9%), ma anche quelli produttori. L’Opec guarda infatti «con preoccupazione» alla forte crescita dei prezzi del petrolio degli ultimi giorni, come dice un comunicato, ma rassicura i mercati del suo «costante impegno» a mantenere «la stabilità e l’ordine».

Di che la colpa dell’aumento dei prezzi? «Delle tensioni geopolitiche» risponde l’Organizzazione dei produttori, che aggiunge: «Il mercato resta ben rifornito di petrolio e i volumi di greggio continuano a entrare nel mercato in misura di gran lunga eccedente la domanda».

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