Il prezzo della sicurezza è il Grande Fratello

Gian Micalessin«In passato non vi era governo che potesse tenere i cittadini sotto controllo continuo... Per la prima volta diveniva possibile indurre nelle coscienze non solo una cieca obbedienza alla volontà dello stato, ma anche una totale uniformità di opinioni». Il 1984 è passato da un po', ma con il Grande Fratello ci siamo. La tv non è il suo occhio, ma le telecamere ci seguono a ogni passo. Mentre gps, telefonini e tablet annotano posizioni e movimenti, sui tabulati telefonici si disegna il diagramma dei nostri rapporti sociali. Conversazioni telefoniche, mail e movimenti internet sono a disposizione di tribunali, servizi di sicurezza e compagnie commerciali. Un bruco nella rete può consegnare a chiunque la memoria nostra e del nostro computer. E se in 1984 la «neolingua» uniforma menti e pensieri, nel 2016 impera il «politicamente corretto». Sillabato da tv e giornali, insegna a provare orrore per chi non accetti l'Unione europea, non gioisca di fronte a nuovi migranti o chiami con il proprio nome il terrore islamista. Ma l'accettazione del controllo è anche la misura del nostro essere sociale. Essere accettati non richiede solo l'allineamento al pensiero unico del politically correct. Per stare in società bisogna allargare i contatti, comunicare e - nel nome della sicurezza di tutti - condividere la necessità di essere intercettati. Il nostro ruolo sociale diventa così direttamente proporzionale al livello di controllo accettato.

Certo possiamo fuggire la città, buttare al cesso l'i-Phone, rinunciare a internet, facebook e twitter. Possiamo isolarci, cancellare ogni relazione, eludere il controllo e recuperare la libertà. Ma solo a patto d'accettare che gli altri la chiamino emarginazione e follia.

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