Massimiliano Scafi
da Roma
«Accantonata» la richiesta di primarie, «ritirato» lemendamento sulle preferenze, «riaffermata» la priorità della riforma elettorale proporzionale, «rinnovata» al segretario la vischiosa solidarietà di tutto lo stato maggiore del partito. La sconfitta di Marco Follini, carezzato contropelo per tutto il giorno da Silvio Berlusconi, sta tutta in quei quattro participi passati. La resa è totale e senza condizioni: sotto la pioggia, in via Due Macelli 66, adesso sventola bandiera bianca.
Dopo ottanta minuti di colloquio fraterno con Pierferdinando Casini nello studio del presidente della Camera, il terzo in 24 ore, Follini accetta ufficialmente la ritirata. La prima frontiera a cadere, il primo vessilo a essere ammainato è quello della lotta per leadership del centrodestra: «Per il momento - dice verso mezzogiorno leurodeputato Lorenzo Cesa - abbiamo accantonato il discorso delle primarie. Ora infatti è prioritario quello della legge proporzionale che stiamo cercando di migliorare». Rocco Buttiglione cerca di attutire il colpo rigirandola così: «Le primarie sono necessarie. Sono uno strumento democratico di scelta. Se poi invece siamo tutti daccordo, si possono pure non fare, quello che conta è che siamo un insieme di partiti in cammino verso una maggiore coesione».
Pochi minuti e cede anche la seconda trincea. «Ritiriamo lemendamento sulle preferenze - annuncia Stefano Graziano, plenipotenziario del partito al tavolo tecnico della riforma -. Sollevando la questione lUdc aveva posto un problema di libertà». Che ora evidentemente è evaporato: «Capiamo tuttavia - insiste Graziano - le polemiche che si sono innescate sulle circoscizioni troppo ampie e le esigenze complessive della coalizione». Sì dunque alle liste bloccate, «ma stiamo verificando la possibilità di inserire le preferenze in futuro». Perso il braccio di ferro, i centristi minacciano di arroccarsi sui particolari: restano «da definire» il livello dello sbarramento e lentità quota rosa.
Sotto quindi con il proporzionale, questa la linea imposta dal partito al segretario. «È una priorità - spiega Mauro Baccini -. Bisogna fare questa legge elettorale non perché qualcuno ce lo dice, ma perché siamo convinti che sia uno strumento di libertà, che può dare forza alla rappresentanza». Di più: «O passa, o ce ne andiamo tutti a casa». E le primarie, ex questione dirimente, scivolano «nellagenda del centrodestra». «Sono state decise - dice ancora Baccini -, credo vadano fatte».
A Follini, convinto da Casini a restare al suo posto, resta la soffocante fiducia del suo partito e qualche altra briciola: il rinvio della ex-Cirielli, alcuni emendamenti alla Finanziaria, la richiesta di un tavolo con gli Enti locali sui tagli proposti dal ministro dellEconomia. Ma lUdc non dovrebbe fare battaglie sulla manovra. Lo si capisce dalle parole di un ex nemico di Giulio Tremonti, il presidente della commissione Attività produttive Bruno Tabacci: «È positivo e importante che non sia caduto nella trappola della Finanziaria elettorale. Certo, ci sono buone idee, ma scontiamo quattro anni di mancata crescita. Ognuno adesso deve fare la propria parte e questo sindacato dei sindaci non mi piace per niente».
Così Harry Potter è costretto a far buon viso, stilando pure una nota ufficiale per difendere Casini, accusato da Prodi di non essere super partes. La linea dellUdc non è più la sua, ma gli toccherà gestirla per unaltra settimana. La riunione della direzione è stata infatti rimandata a venerdì 14, quando la Camera avrà concluso lesame della legge elettorale. Allora, a bocce ferme, ci sarà il «chiarimento» e forse le dimissioni. Follini vuole «tenere duro» e si dice «pronto a lasciare».
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