Washington - È degenerata in una specie di lite la discussione tra i duellanti John McCain e Mitt Romney, i superstiti della battaglia delle primarie in casa repubblicana. Nella «Ronald Reagan Presidential Library» di Simi Valley, in California, si parlava davanti alle telecamere della politica americana riguardo all’Irak. McCain ha accusato Romney di aver programmato un calendario per il ritiro delle truppe americane, facendo imbestialire il suo rivale che ha negato con enfasi e gli ha rinfacciato l’uso di «sporchi trucchi cui Reagan non avrebbe mai fatto ricorso». Questo perché McCain, come lo stesso Romney, tiene molto a proporsi come il degno erede del celebre presidente conservatore degli anni Ottanta.
La rissa verbale sull’Irak è stata il culmine di una serata all’insegna della contrapposizione frontale fra i due, che si sono sfidati con toni accesi su temi come l’immigrazione, il rigore fiscale, l’ambiente, l’aborto e, più di tutto, l’economia in difficoltà. Gli altri due candidati alla nomination, Mike Huckabee e Ron Paul, si sono trovati sballottati nella tempesta, confermando l’ormai chiara tendenza verso una prossima uscita di scena anche per loro.
Il nervosismo di Mitt Romney si spiega con il crescente vantaggio di cui gode McCain nei sondaggi, oltre che con l’annunciata scelta di Rudolph Giuliani di offrirgli il suo sostegno. Non è l’unico. Ieri anche il governatore della California Arnold Schwarzenegger ha ufficializzato la propria scelta per McCain («è uno straordinario eroe americano»), il che pesa non poco se si considera la grande importanza del suo Stato nelle primarie in vista del “Supermartedì” 5 febbraio, quando si voterà in diciotto Stati. E Nancy Reagan, vedova di Ronald, anche se avrebbe deciso di non annunciare formalmente il suo appoggio, «lo adora e sta con lui in pieno, anche se solo a livello privato» hanno rivelato fonti vicine all’ex first lady.
I due rivali rappresentano posizioni distanti da quelle tradizionali del partito repubblicano. McCain è certamente poco in linea con l’anima conservatrice americana, che spesso si fonde con la destra religiosa: non ha sostenuto i tagli alle tasse voluti dal presidente Bush e in passato non ha fatto mistero di considerare troppo retrivo il filone evangelico-conservatore. Ma lo stesso Romney, pur fortemente sostenuto dall’attuale presidente e certamente più ortodosso e ferrato in economia, ha i suoi problemi con gli evangelici, che non gli perdonano il suo essere un mormone, ovvero un cristiano talmente sui generis da poter essere da loro etichettato come membro di una setta.
Punto di forza di McCain sono le solide credenziali in tema di sicurezza nazionale e la capacità di attrarre gli indipendenti, oltre a una sensibilità in tema ambientale superiore alla media repubblicana; gli mancano però molti dei dollari che gli servirebbero per fare una campagna adeguata alle sue ambizioni.
Romney, invece, è ricchissimo di suo; la sua palla al piede è l’eccessiva contiguità agli ambienti “forti” dell’economia, dai quali appare - vero o falso che sia - troppo condizionato. E anche quella sua aria da bello e perfetto che lo rende un po’ indigesto a molti che magari vorrebbero esserlo.