AGATA E LA TEMPESTA (Ita, Svi, Gbr 2004) di Silvio Soldini con Licia Maglietta, Giuseppe Battiston, Marina Massironi -118"
Agata balla, scalza e tranquilla, sul pavimento di graniglia; un vestito colorato, la tazza in mano che volteggia con lei. Beve e posa uno sguardo fuori dalla finestra: Genova è lì. I titoli di testa, colorati e in movimento come il film che anticipano, appaiono su un panorama di cielo e tetti d'ardesia.
«Genova è una città di mare che dà l'idea del viaggio - narra Soldini - del passaggio
in questo caso Genova è la porta
». Un autobus attraversa lo schermo, ponendo subito una pennellata color arancio (Amt). Pochi istanti di quella che pare Via Palestro ed ecco seduta tra i passeggeri Agata (Licia Maglietta): sfoglia un paio di libri e sorride aprendone uno di Alda Merini. Ha una libreria che è un vivaio di libri («I quattro canti») dalle parti di San Lorenzo, con addetta stralunata annessa (la sorpresa Giselda Volodi).
Suscitò la curiosità dei genovesi: la gente entrava per comprare libri ed era delusa quando scopriva che era tutto finto. Agata «luce dei carruggi» abita di fronte alla cattedrale ma il portone è in Via Ponte Reale
in dote pure l'ex fratello Gustavo (Emilio Solfrizzi) in panne: ha scoperto di essere stato venduto appena nato dalla (fino a quel momento ignota) madre contadina. Ed un amore in corso con un ragazzo assai più giovane di lei (Nico - Claudio Santamaria) che alla fine
si sdoppia. Ma soprattutto tanta energia da fulminare le lampadine al suo passaggio. Gustavo scopre di avere un fratello: «Fondamentalmente» Romeo (il bravo G. Battiston), folcloristico venditore ambulante di abiti sgargianti che sogna un vivaio di trote.
Ne segue una danza di personaggi tesi al nuovo, incontri e incroci che generano campi di forze e mutamenti. È surreale, corale, citazionista, evanescente e perso per strada il sesto film di Soldini («Pane e tulipani», «Brucio nel vento»), sul tema «la felicità». Con un occhio ad Amèlie per i colori vivaci ed appassionati che mostra ed un altro ad Almodóvar per le atmosfere. Dopo una partenza intrigante ed un dipanarsi fluido si dilapida nell'ultima mezz'ora, con tanto di tragedia imprevista e fuori luogo.
Il meglio: la Maglietta, attrice di rara forza interiore, dal sorriso che riconcilia con il mondo, unica Agata possibile. La generosità artistica ed il bel parlare di libri, il cast quasi al completo, con la «scoperta» Monica Nappo (moglie di Romeo), i navigati Remo Remotti e Silvana Bosi («nuovi» genitori di Giuliano), Carla Astolfi (l'anziana geometra che si esprime come una visura catastale). Scenografie, arredi, costumi e fotografia sono almeno metà film.
I difetti: l'eccessiva lunghezza; le musiche, gradevoli e dimenticabili, che non danno mai una marcia in più; la Massironi, sopra le righe ed inutile: ad un «devo parlarti» risponde «Parlami, le tue parole saranno accolte come il fiume nella vallata». Ma soprattutto la troppa carne al fuoco che alla fine genera perplessità.
Ed anche una città che viene mostrata di sfuggita: a parte le «cartoline» usate come cambio scena, spuntano Corvetto, la Sopraelevata, C.so Gastaldi, P. Banchi, l'edicola votiva drappeggiata di Vico del Ferro, la Maddalena con l'antica bottega dei presepi, pochi scorci di vicoli. La Venezia di «Pane e tulipani» era ben altra cosa. Il regista lo sa: «
l' ho mostrata poco: vorrei scoprirla ancora, girando qui un altro film». Venne girato in estate, con la collaborazione di GenovaSet Film Commission.
Le curiosità: l'improbabile incidente in una P. De Ferrari ribattezzata Via Cavalcabo, con ben due auto rovesciate e Marco Paolini non citato, in veste di cantante. «Agata, io ti amo!», urla Nico dalla strada, di notte. La secchiata d'acqua è implacabilmente precisa («Ou belin, c'è gente che domani deve andare a lavorare)»: è il momento più divertente.
Ci sono idee non da poco: il «dovere» di provare almeno a cercarla la felicità, il voler vivere a colori, in modo «lieve», il perdere finalmente la normalità.
Disponibile attualmente in dvd, noleggiabile in videoteche specializzate o reperibile nei banchi dell'usato.
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