Erica Orsini
da Londra
Le forze della coalizione inizieranno un graduale ridispiegamento dallIrak. Secondo il Sunday Times di ieri, anche le truppe americane e britanniche stanno per alleggerire la loro presenza. Citando fonti della Difesa inglesi, il giornale spiega che il presidente Usa George Bush e il premier inglese Tony Blair sono pronti ad annunciare il calendario del ritiro la settimana prossima nel corso di un vertice a Washington. Si tratterà comunque di un dietrofront graduale, almeno per quel che riguarda gli uomini dellesercito britannico e, ufficialmente, il concetto non verrà neppure enunciato per evitare «di dare limpressione che gli alleati siano costretti a lasciare il Paese a causa dei crescenti attacchi alle loro forze da parte dei ribelli». Una fase «di transizione» più che un ritorno a casa in massa, sottolinea il settimanale.
In un momento particolarmente delicato il principale alleato di George W.Bush sceglie quindi con accuratezza le parole perché nessuno debba leggere in questa decisione un qualche minimo segno di resa. Tanto che, sempre ieri, il nuovo ministro degli Esteri, Margaret Beckett, ha ribadito un antico concetto caro al premier Blair: «Abbiamo sempre detto che i nostri soldati rimarranno in Irak, e le truppe della coalizione resteranno laggiù, fino a che ci sarà un lavoro da portare a termine». La Beckett ha aggiunto che si procederà «caso per caso» di concerto con il governo locale.
«Stiamo facendo progressi sia nelladdestramento che nelloperatività dellesercito e delle forze di polizia - ha spiegato il ministro - ma credo anche che, concluso questo compito, avranno bisogno del nostro aiuto ancora per un po». Lo stesso Blair laveva del resto già sottolineato proprio sabato scorso, giorno dellinsediamento ufficiale del nuovo esecutivo iracheno. «La nostra tabella di marcia dipende dal lavoro che si sta facendo. Il primo ministro oggi (sabato, ndr) ha fatto capire molto chiaramente che i nostri obiettivi sono gli stessi. Entrambi desideriamo che il governo iracheno prenda in mano il destino del proprio Paese».
Stando a quanto scrive il Sunday Times, già verso la fine dellanno le truppe di sua Maestà dovrebbero venir ridotte di alcune migliaia di unità e quelle americane fino a 30mila. Attualmente i militari Usa nel Paese sono 130mila e quelli britannici 8.500.
Intanto ieri in Irak, proprio mentre il governo guidato dal primo ministro Nouri Maliki si riuniva per la prima volta, per Bagdad è stata una giornata come le altre, di ordinaria carneficina, scandita da puntuali attentati. Quello più grave è avvenuto in un ristorante del centro dove un kamikaze ha provocato 13 morti e 18 feriti. Tre vittime e almeno 17 feriti sono stati invece il bilancio di un attacco in un mercato sovraffollato della città.
«Contro il terrorismo useremo la massima forza, ma abbiamo bisogno di uniniziativa nazionale», ha detto ieri Maliki. Ma la strada appare più ardua che mai.
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