da Milano
Signor Liberti, cosa si prova a essere «il primo della lista» come negli anni di piombo?
«Guardi, quando l’azienda mi ha informato sono rimasto allibito. Già in passato la stella a cinque punte aveva fatto capolino in fabbrica ma minacce così dirette e così gravi, mai».
È preoccupato?
«Direi, anche se non credo che questa vicenda vada ingigantita. Però le indagini spero che le facciano».
Perché l’eversione ce l’avrebbe proprio con lei?
«Francamente spero ancora che sia uno scherzo. Ovvio che, in qualità di segretario provinciale della Fin-Cisl di Napoli, qui ho una certa visibilità, ma sono un metalmeccanico e ho sempre lavorato gomito a gomito con i lavoratori».
Forse qualcuno di loro pensa di essere stato, come dire, tradito... ?
«Proprio io che ho sempre creduto nello sviluppo socioeconomico dell’industria? Figurarsi, potrei capire qualche antipatia, ma mi sono sempre prodigato nell’interesse dei lavoratori. Potrei capire che se la fossero presa con l’azienda ma con chi li difende proprio no».
Secondo lei l’eversione ha infiltrati tra le tute blu di Pomigliano?
«E come si fa a sapere. Francamente non credo, ma il punto è un altro».
Quale?
«La generazione in fabbrica in questi anni è cambiata e tra gli operai ci sono molti giovani che, lo si vede nelle assemblee, non si capisce che cosa vogliono. La mia sensazione è che non c’è più la classe operaia di una volta, quella che conosceva a menadito i suoi sindacalisti»
Come lei...
«Io lavoro in quello stabilimento da 30 anni e la vecchia guardia sa tutto delle mie battaglie. Per i nuovi, forse, sono soltanto una sigla.
Pensa di prendere delle precauzioni?
«E che devo fare, girare con il giubbotto antiproiettile? Ma no, continuerò a stare in mezzo ai miei operai, come ho sempre fatto».
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