Il Primo maggio perde i pezzi e il «Secolo» lo reclama: è nostro

Mollati dagli sponsor, dai musicisti di tendenza e snobbati dalla sinistra, ma non dal Secolo d’Italia. I festeggiamenti del primo maggio mostrano segni del tempo. Cgil Cisl e Uil hanno celebrato con una manifestazione unitaria a Rosarno per richiamare l’attenzione sul lavoro nero degli immigrati. Erano insieme, ma i rapporti tra le tre principali confederazioni sono tesi. E si vedeva.
Poi c’è stato il consueto concerto romano, che traballa già da qualche anno, a rischio a causa dei costi, tanto che il tema dell’ultima edizione è stato, più che lavoro e diritti, la sopravvivenza della kermesse. L’organizzatore Marco Godano ha riferito che la Kerself, gruppo leader dell’energia pulita che aveva salvato l’edizione 2009, si è ritirato all’ultimo momento creando gravi problemi finanziari. Poi ha spiegato che la salvezza del concerto potrebbe stare nel televoto oppure nella creazione di una fondazione perché, in fondo, il concerto è «un patrimonio culturale italiano».
C’è stato anche chi ha invocato aiuti europei, manco Piazza san Giovanni fosse la Grecia. Ma se il Concertone è in crisi è anche perché sono sempre più i sindacalisti che si chiedono che senso abbia uno spettacolo che conquista gli onori delle cronache per le quantità di droghe leggere sequestrate (trentasei arresti per spaccio), i fermi di giovani alticci (ventidue sorpresi a consumare sostanze stupefacenti a Roma, ma anche quindici ambulanze in giro per Milano a raccattare vittime di malori dovuti assunzione di alcol unita a uso di sostanze stupefacenti durante i cortei). Poi ci sono gli incidenti «politici», generalmente causati dall’orientamento del pubblico e degli artisti, molto più a sinistra rispetto alle sensibilità di Cisl e Uil.
Una terra di nessuno. Forse l’unica piazza «sociale» che i partiti non tentano di conquistare. Al concertone, ufficialmente, c’era solo il capogruppo del Pd ed esponente della minoranza, Dario Francescini. Gli altri leader erano in giro in manifestazioni locali. Non si è visto nemmeno Antonio Di Pietro che sui movimenti e sul sindacato ha lanciato un’Opa e di piazze, soprattutto targate Cgil, non se ne fa scappare una.
Forse il problema è che a non cavarsela troppo bene è il 1° maggio come data celebrativa. In tempi di crisi, la retorica non consola, al massimo irrita. E la dimostrazione viene dalla vicenda delle aperture dei negozi. I sindacati si sono trovati a fronteggiare un’epidemia di aperture degli esercizi commerciali in decine di città. Soprattutto quelle governate dalla sinistra. Lo scontro politica-sindacato è stato particolarmente aspro in Toscana e il portabandiera degli amministratori pro apertura libera è stato il primo cittadino di Firenze Matteo Renzi.
A ridare un’anima al primo maggio, hanno provato, i tre segretari generali Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, puntando su un tema che mette d’accordo tutti: la legalità. Ci ha provato la stampa di sinistra. Il Manifesto ha proposto un gemellaggio con i lavoratori latinos dell’Arizona che protestano. L’Unità si è fermata alla Sardegna, alle prese con la cassa integrazione e la fuga delle multinazionali. Difese d’ufficio anche dagli altri quotidiani della sinistra, da Terra a Il Fatto.
Colpiva quindi, ieri, la prima pagina dell’ex quotidiano di Alleanza nazionale, oggi vicino a Gianfranco Fini e quel: «Non lasciare che una festa come il primo maggio resti monopolio della sinistra e dei sindacati più conservatori». Le argomentazioni sono logiche: a destra solo l’Ugl, il sindacato di Renata Polverini, lo festeggia. Il governo fa molto, ma manca «un evento che possa in qualche modo ricondurre all’idea di lavoro moderno e garantito del centrodestra».

La proposta è quella di organizzare, per il prossimo primo maggio, un evento nazionale del Pdl dedicato al lavoro. Proprio il tipo di evento al quale credono sempre meno i sindacati e la sinistra. Che di queste cose se ne intendono.

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