Don Paolo Fini, direttore della pastorale della Salute alla Diocesi di Torino, da anni segue i tossicodipendenti e gestisce sette comunità di recupero.
Don Paolo, perché l'idea di un centro per medici?
«Oltre dieci anni fa ho conosciuto la realtà statunitense e spagnola per il recupero di professionisti sanitari con dipendenze e disturbi connessi. Patologie che coinvolgono direttamente il tipo di lavoro svolto. Ne è nato un gruppo di studio per creare un programma di trattamento unico in Italia. Non si tratta di soluzioni speciali ma di risposte personalizzate e adatte al contesto sociale e professionale degli assistiti. I medici con dipendenze non si rivolgono mai ai servizi pubblici».
Come mai?
«Ne ho incontrati molti. Venivano da me anche perché garantivo la segretezza, parecchi poi li ho inviati negli Usa. Per loro l'anonimato è quasi un'ossessione. Qui siamo all'anno zero. E poi il percorso per recuperare un dottore non può essere lo stesso intrapreso, ad esempio, per un ragazzo di strada».
Quali sono le specificità?
«Siamo davanti a difficoltà che durano da anni. All'incapacità di gestire una professione molto dura, turni massacranti, stress elevato, contatto quotidiano con il dolore. Purtroppo nei posti di lavoro esistono programmi di manutenzione del materiale umano. E in ospedale l'approccio è: Non sai superare le crisi? È un problema tuo».
Trattati come robot...
«Ma non lo sono. Mantenere la salute in un ambiente patogeno come un ospedale non è facile. Spesso a cadere nella trappola dell'abuso di sostanze sono proprio i professionisti più sensibili e più dediti al lavoro. Alla base c'è una sofferenza da rielaborare, un malessere che viene spesso scaricato sulla famiglia, emozioni tenute nascoste».
E in corsia vige la «cospirazione del silenzio».
«Tutti sanno, nessuno parla. Si teme che il medico mandato in cura ne torni dequalificato. Invece intervenire tempestivamente permette di riabilitare al lavoro risorse preziose.
Con i dottori si ottengono risultati di recupero migliori che con altre categorie. Sono persone con davanti un futuro nella professione che amano, ancora capaci di dare ottimi risultati e che la società non può permettersi di perdere».CBas
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