Primo sì all’arresto di Cosentino: anche la Lega vota per le manette

Primo sì all’arresto di Cosentino: anche la Lega vota per le manette

RomaVentiquattr’ore per decidere sul destino di Nicola Cosentino. Domani nell’aula di Montecitorio si svolgerà un processo politico d’appello che avrà il valore di una Cassazione. In carcere o fuori: saranno tutti i suoi colleghi, con cui il coordinatore del Pdl in Campania ha condiviso quindici anni di legislature alla Camera, a sancire il suo futuro di uomo libero o in manette.
Il primo atto si è concluso ieri con una condanna. La giunta per le autorizzazioni a procedere ha dato il via libera alla richiesta dei pm napoletani, che vogliono l’arresto per Cosentino in quanto lo ritengono referente nazionale del clan dei casalesi. Undici a dieci: per la giunta, Cosentino deve andare in prigione. Non è bastato il contenuto della sua ultima memoria depositata ieri: da parte della procura, aveva scritto l’ex sottosegretario, c’è «un violento pregiudizio e accanimento contro di me».
I voti contrari all’arresto sono arrivati da sette deputati Pdl, dal deputato del gruppo misto Mario Pepe, dal Responsabile Vincenzo D’Anna e dal radicale eletto nel Pd Maurizio Turco. Sono stati decisivi però i due leghisti in giunta, che hanno detto sì alla richiesta dei magistrati, pur seguendo una linea di partito non condivisa: «Da avvocato sono perplesso sull’impianto accusatorio», ha ammesso l’esponente del Carroccio Luca Paolini. Ma ha seguito gli ordini di partito. Domani, per il primo voto politico dell’aula di Montecitorio da quando si è insediato il governo Monti, è un altro giorno e tutta un’altra storia.
La sorpresa della giornata a favore di Cosentino è stato invece l’appoggio del radicale del Pd Maurizio Turco, l’unico che si è distinto dalla linea dell’ex opposizione. Idv, Udc, Fli e Pd hanno infatti respinto in blocco la richiesta di non autorizzazione agli arresti avanzata dal relatore Maurizio Paniz (Pdl). «Ritengo - ha chiarito il radicale - che la richiesta di esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare sia infondata e frutto di un obiettivo fumus persecutionis». Dalla lettura delle carte il deputato radicale si è infatti convinto che Cosentino viene accusato «di condotte che non hanno, in sé, alcun rilievo penale». L’accusa di essere addirittura il «referente nazionale del clan dei casalesi» è, a parere di Turco, «slegata da qualsiasi accertamento concreto».
Ed è sempre dopo la lettura delle carte che il leghista Paolini si era fatto un’idea di «un impianto accusatorio claudicante». Ma l’opinione è «personale», e la segreteria politica e federale «con Bossi e Maroni», ha spiegato, aveva deciso «all’unanimità» che la linea del partito era di condanna. In aula domani, però, «ogni parlamentare voterà secondo coscienza», sottolinea il leghista combattuto. Cosentino ha raccontato ai colleghi più vicini di essere «sereno», perché si «aspettava» questo voto, ma convinto della propria innocenza non si dimette dal Pdl.
La partita si giocherà quindi domani in particolare negli scranni della Lega, perché il caso Cosentino è per il Carroccio anche un momento politico importante nei rapporti con il Pdl, e per future alleanze. Non a caso ieri l’ex ministro Franco Frattini ha avvertito in un’intervista con la Stampa che «le alleanze future terranno conto anche di questi episodi», ovvero della tentazione giustizialista della Lega. Tentazione che i «maroniani», più vicini all’ex ministro dell’Interno che a Umberto Bossi, avevano già manifestato con l’autorizzazione a procedere la scorsa estate per il deputato Pdl Papa.
Il Carroccio sembra diviso, difficilmente comunque il partito di Bossi e Maroni voterà compattamente per l’arresto di Cosentino. Anzi. L’aula è tutt’altra cosa dalla Giunta. E si dice che pure nel Pd il «sì» potrebbe non essere unanime. Più certo il voto del Fli, che già ieri ha dato un pur «sofferto», come ha ammesso Giuseppe Consolo, assenso alle manette.
«Se qualcuno pensa che operazioni di questo tipo non peggiorino il quadro e i rapporti politici - valuta il capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto - sbaglia in modo profondo».

Una «minaccia», grida indignato il Pd. La giunta «ha contraddetto se stessa - precisa il vicepresidente Francesco Paolo Sisto (Pdl) - a dicembre del 2009 era stata respinta una richiesta di arresto per fatti ben più gravi».

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