Il primo traditore di Craxi fu suo figlio Bobo

Accusa il Cavaliere di non essere stato un amico, ma quando scoppiò tangentopoli disse: "Non sono mai stato craxiano"

Il primo traditore di Craxi fu suo figlio Bobo

Meriti la peggiore delle cattiverie, Bobo: la verità. Meriti ciò che fedeli e amici di tuo padre, anzi del padre di tua sorella Stefania, si sono ripetutamente e sommessamente ripetuti per anni, silenziosamente, scuotendo la testa, consolandosi nella speranza che peggio, in fondo, tu non potessi dire né fare. E invece sì, ci riesci ogni volta, ci riesci per la vergogna nostra: e parlo senza timor di smentita di compagni e amici e ripeto familiari che Bettino Craxi amava senza disperazione, com’era invece nel tuo caso.
Ora ti sei inventato questo, Bobo: che Silvio Berlusconi non andò ad Hammamet dal 1994 al 2000 e che dunque non fu un buon amico. «È evidente che ha tradito un rapporto». Vien da rispondere che il rapporto intellettivo con tuo padre, tu, l’hai tradito alla nascita, Bobo, ma sarebbe una battuta becera e degna di quell’Umberto Cicconi, ex fotografo di tuo padre, che resta il tuo intellettuale di riferimento. Niente battute, Bobo, la verità basta e avanza. Perché vedi, tu eri il figlio con dei problemi, quello che avrebbe fatto sembrare un lavoratore persino Claudio Martelli, il figlio da sopportare nonostante la sua arroganza che faceva danni incommensurabili ogni qualvolta apriva bocca. Eri quello che non aveva né ha mai lavorato in vita sua e che da solo non avrebbe sfondato in politica neppure in dieci vite, il figlio che boicottava ogni giovane anima di cui tuo padre, pardon il padre di tua sorella, amava circondarsi anche ad Hammamet: nella speranza che qualcuno, certo non tu, potesse raccogliere il suo testimone politico e comportarsi magari come un figlio. Ti fu perdonato tutto, Bobo: persino quella volta che ti scappò quel «non mi sono mai considerato un craxiano» dopo il primo avviso di garanzia spedito al tuo ex padre, nel dicembre 1992, quando stavi per tentare il salto del quaglione tra coloro che volevano «restituire l’onore ai socialisti», ricordi? Ora però basta, Bobo, basta davvero. Il Craxi perdente e zoppicante, la sera tardi, amava ripetere che tutto avrebbe voluto, diceva, «tranne che essere riabilitato da coloro che mi hanno ucciso». C’è chi, come tua sorella, ha incorniciato questa frase dietro la scrivania: la stessa sorella che ormai ti definisce pubblicamente «una tragedia familiare» che non è nazionale, per fortuna, solo per via della tua irrilevanza politica.
Hai bussato col cappello in mano dai lanciatori di monetine, hai fatto bisboccia cogli odiatori professionali, con le iene che poi hanno tentato di smangiucchiare ogni visione craxiana con due lustri di ritardo. In politica il tradimento non esiste o quasi, Bobo: ma tu eri un figlio, perlomeno di sangue. Non eri altro, non avevi altro. Da vent’anni davi aria alle parole col tuo politichese vacuo e fatto di nulla: poi, per un collegio di lenticcchie, per il posticino con lo stipendino e la pensioncina, hai svenduto a prezzi di saldo un cognome che non ti appartiene più da tempo, perché l’hai regalato agli scippatori del socialismo europeo, a coloro cui neppure una latitanza parve bastare. Questi sono i tuoi compagni di strada, i traditori indicati da tuo padre: ecco perché della tua biografia, Bobo, resterà l’esser nato come figlio di Bettino Craxi e in secondo luogo il tuo esser passato con quelli che lui giudicò i propri assassini, punto, amen, riposi in pace, pensavamo. E invece no. Ancora parli. Parli di Berlusconi: con tutti gli sciacalli che pure ci furono anche a destra, tu vai a parlare proprio di Berlusconi, vai a parlare dell’uomo che per almeno dieci anni si cercò di associare al padre di tua sorella perlomeno sotto il profilo dell’epilogo politico-giudiziario. Eppure tutto era cominciato proprio nel periodo in cui Berlusconi già orecchiava la politica o a esser precisi il consenso: il periodo in cui una percentuale di italiani che sfiorava il 90 per cento voleva Craxi espressamente in galera, e insomma lo odiava di un odio viscerale, liberatorio, risolutore. Ebbene, giusto all’acme di questa passione civile (sera del 29 aprile, dopo alcune mancate autorizzazioni a procedere contro Craxi) il Berlusconi già mentalmente politico non ebbe a rifuggire le telecamere di Raitre, e così disse: sono venuto a trovare un amico perché sono tanto contento per lui. Un gesto che molti che circondano Berlusconi (oggi) non vollero o poterono permettersi (allora) ma che il futuro vincitore delle elezioni avrebbe comunque pagato salato. E Berlusconi quel prezzo lo pagò, ma è la ragione per cui non poté mai più permettersi di incontrare Craxi da vivo: anche perché il primo a sconsigliarlo politicamente fu proprio Craxi, se non lo sai. Andarono altri, ad Hammamet.

Il padre di tua sorella li portava alla Medina per una menta fresca e per un passaggio finto distratto nel cimitero italiano dove avrebbe voluto essere sepolto, diceva. Berlusconi il cimitero l’ha visto per la prima volta nel 2000, nel giorno dei funerali, quando disse che non c’era nulla da dire. E tu ovviamente parlavi, Bobo.

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