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Pro e contro della vita artificiale: dall’essere perfetto all’incubo virus

Scienziati divisi sulle potenzialità del cromosoma prodotto in laboratorio: "Potremo curare malattie e migliorare l’ambiente". Ma c’è chi avverte: "Attenzione ai rischi delle armi chimiche"

Pro e contro della vita artificiale: dall’essere perfetto all’incubo virus

Milano - Craig Venter, l’inventore del «Mycoplasma laboratorium», ha sul comodino un libro di Michel Houellebeck dal titolo Le particelle elementari. Lo ha letto e riletto, affascinato dalla trama: un biologo che riesce a riprodurre artificialmente il Dna in laboratorio. Una storia in cui il protagonista non ha un nome, ma che Venter - da oggi - sogna possa chiamarsi come lui, Craig. Forse se lo meriterebbe considerato che è stato il primo a creare in laboratorio un cromosoma sintetico. Uno straordinario gioco di ingegneria genetica che ha trasformato il biochimico americano nel probabile prossimo uomo copertina di Time. La stampa lo adora, le tv di tutto il mondo lo cercano. Le grandi riviste scientifiche, per ora, lo annusano a distanza. Troppo magniloquente il suo annuncio dalla prima pagina del Guardian: «Abbiamo creato un nuovo sistema di valori per la vita».

«Per ottenere i finanziamenti è necessario spettacolarizzare la scienza - è il commento amaro di Carlo Alberto Redi, direttore scientifico del San Matteo di Pavia e accademico dei Lincei -. Nel parlare di “esseri artificiali”, Venter ha enfatizzato gli aspetti più controversi della sua ricerca». E allora vediamoli da vicino questi aspetti «controversi» sui quali i più autorevoli esperti italiani non hanno mancato di dire la loro. Da una parte i bio-entusiasti che esaltano i grandi vantaggi che potrebbero derivare da un batterio «innaturale» adattabile a qualsiasi tipo di necessità fisica e chimica; dall’altra i bio-scettici che puntano opportunamente il dito anche sui rischi di possibili applicazioni perverse. Ricercatori del calibro di Edoardo Boncinelli, Bruno Dallapiccola, Umberto Veronese e Tullio Regge guardano con attenzione ai futuri effetti positivi di cui potrà godere la medicina, l’ambiente e l’energia. In campo sanitario, ad esempio, la creazione di appositi batteri «intelligenti» potrebbe rivelarsi un’arma utilissima contro ogni forma di tumore e nella messa a punto di «farmaci personalizzati». Ipotetiche buone notizie anche per il nostro habitat, grazie all’eventualità di realizzare microrganismi in grado di distruggere l’anidride carbonica o di ripulire le acque inquinate. In teoria le forme di vita artificiali sperimentate dall’équipe di Venter potrebbero anche trovare applicazione in campo energetico con la produzione di idrogeno da utilizzare come combustibile.

Ma veniamo ai pericoli, sottolineati responsabilmente da luminari come Antonino Zichichi e Roberto Sitia: armi chimiche, tossine sintetiche, virus. La scoperta di Venter apre infatti anche degli scenari inquietanti con il virtuale utilizzo di batteri come armi biologiche: ad esempio batteri resistenti agli antibiotici che, diffusi a scopi bellici o terroristici, potrebbero sterminare milioni di persone in tempi brevissimi. In che modo? Ad esempio ricorrendo a microrganismi con tossine a base di botulino o ricina, com’è accaduto recentemente nel corso di una guerra senza esclusione di colpi tra spie dei servizi segreti russo e bulgaro.

Solo roba da film di spionaggio? Speriamo di sì.

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