Al termine di una inchiesta durata oltre quattro anni i pubblici ministeri Fabio Napoleone, Stefano Civardi e Nicola Piacente hanno chiesto il rinvio a giudizio di trentaquattro persone oltre che – in qualità di responsabili giuridiche – delle società Telecom Italia e Pirelli. In testa al gruppo degli indagati Giuliano Tavaroli, ex carabiniere ed ex capo dell’ufficio Security di Pirelli e poi di Telecom, il suo braccio destro “tecnologico” Fabio Ghioni, capo del Tiger Team di Telecom, e l’investigatore privato Emanuele Cipriani. Richiesta di rinvio a giudizio – nonostante sia tra i pochi indagati a protestare la propria innocenza – anche per Marco Mancini, ex capo del controspionaggio militare. L’accusa per tutti è di associazione a delinquere finalizzata all’appropriazione indebita. Tavaroli e Ghioni sono accusati anche delle incursioni nei computer del gruppo Rcs e della agenzia di investigazioni Kroll.
Processo sì o no? A decidere sulla richiesta sarà ora il giudice preliminare Mariolina Panasiti. Nei giorni scorsi i difensori di Tavaroli avevano smentito che il loro assistito punti a uscire di scena chiedendo il patteggiamento della pena. Ma l’ipotesi continua a circolare. Se Tavaroli e gli altri imputati principali scegliessero questa strada, il processo Telecom uscirebbe fortemente ridimensionato. E le uniche possibilità di fare emergere nuovi dettagli resterebbero affidate al filone di inchiesta ancora aperto sulle operazione compiute dal gruppo in Brasile, dove si ipotizza il pagamento di tangenti per vincere la battaglia per il controllo della compagnia Tim Brazil.
Cosa fare dei dossier Ma lo scoglio principale si annuncia quello costituito dalle migliaia di dossier raccolti da Cipriani per conto della Telecom su ogni genere di personaggi. Gli “schedati” individuati finora erano circa 4000, all’elenco si sono aggiunti recentemente altri 200 nomi. È probabile che molti di essi si costituiranno parte civile contro gli imputati. Ma i dossier raccolti illegalmente dovrebbero essere distrutti in base alla cosiddetta “legge Mastella”, approvata dopo l’esplosione dello scandalo Telecom.
Imputati e giudici sostengono che se venissero davvero distrutti accertare la verità risulterebbe impossibile. La Corte Costituzionale, investita della questione, ha deciso di non decidere, rinviando la sentenza a dopo l’approvazione di una nuova legge sulla privacy: di cui, per ora, non si vede traccia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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