I magistrati non perdono il vizio di dettare l’agenda al Parlamento. L’ultima «sentenza» ha stroncato sul nascere l’ipotesi di riforma del cosiddetto processo breve: «Non serve a niente». Il provvedimento, che Pdl e Lega hanno inserito nei famosi cinque punti non negoziabili coi finiani alla ripresa dell’attività parlamentare, è stato oggetto di un durissimo botta e risposta tra il presidente dell’Associazione nazionale magistrati e il ministro della Giustizia Angelino Alfano, che in mattinata, dalle colonne del Corriere della Sera, aveva promesso di aumentare i soldi per il comparto giustizia «per rendere attuabile il provvedimento». Niente da fare. «È grave e intollerabile che il governo perda tempo con il processo breve mentre il sistema della giustizia è al collasso», ha detto a muso duro Palamara. Ogni volta che il governo decide di mettere mano alla riforma della giustizia, paralizzata sì ma dalla mole di processi pendenti, dai detenuti in attesa di giudizio e dalle cause che durano decenni, le toghe rispondono come una bestia ferita. Non è un caso se la stoccata di Alfano all’ostruzionismo dell’Anm è stata altrettanto velenosa: «Evidentemente la magistratura tollera le lungaggini e l’infinita durata dei processi e non è in grado di formulare proposte in grado di fare uscire la giustizia dallo stato di paralisi perché vuole soltanto che nulla cambi. È solo una difesa della casta».
L’opposizione, appena ha sentito puzza di scontro, ha gettato la solita tanica di benzina: per l’Italia dei Valori «Alfano è un puparo, un ministro della Giustizia ad personam che dovrebbe vergognarsi». «Il Guardasigilli o ci fa o è ignorante», è stata la sobria sintesi dell’ex pm Antonio Di Pietro. Pier Luigi Bersani ha insistito nella strategia della zizzania, sibilando ai finiani: «Mi aspetto anche che dal centrodestra venga qualche elemento di coerenza rispetto a quello che si è detto fin qui, mi stupirei moltissimo se l’Udc e Fli votassero il processo breve».
Italo Bocchino non ha perso tempo e ha replicato coi soliti distinguo, facendosi scudo del Quirinale: «Il testo approvato a gennaio era stato accantonato a causa delle perplessità espresse all’epoca da Giorgio Napolitano. Siamo disponibili a discutere purché Alfano ci spieghi come intende superare quelle perplessità».
Per il Pdl l’accusa di Palamara è inaccettabile e fa parte di un preciso disegno che mira a sovvertire gli equilibri in Parlamento. «Ormai l’Anm si comporta come un partito politico», ha detto il portavoce azzurro Daniele Capezzone, seguito dal responsabile carceri del Pdl Luigi Vitali: «Dall’Anm critiche ingenerose, mi meraviglio che a Palamara sfugga che, contestualmente al processo breve, il ministro abbia avviato la totale riorganizzazione degli uffici giudiziari. Cosa che, credo, i magistrati chiedevano da tempo».
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