Milano - Hanno già deciso. Arrivate al passaggio finale di un processo che si trascina da più di due anni, il giudice Francesca Vitale e le sue colleghe Antonella Lai e Caterina Interlandi, hanno sicuramente già avuto modo di farsi una opinione precisa sul caso Mills, e non la faranno cambiare né le arringhe di domattina dei legali di Silvio Berlusconi né le dichiarazioni che, se davvero sceglierà di essere in aula, potrebbe fare lo stesso imputato. Nelle «precamere» di consiglio - riunioni informali che sono prassi costante di processi di questa complessità - le tre magistrate hanno già affrontato e sciolto i due nodi cruciali: e cioè se vi siano prove sufficienti a condannare il Cavaliere per avere corrotto l’avvocato inglese David Mills, e se sia ancora possibile emettere sentenza per un reato commesso nel lontano 1999.
Cosa hanno deciso? Secondo lo stesso Berlusconi non ci sono dubbi: il tribunale del caso Mills è affetto da un evidente «convincimento colpevolista», come scrive l’ex presidente del Consiglio nell’istanza di ricusazione contro i tre magistrati depositata il 27 gennaio scorso e rigettata l’altro ieri dalla Corte d’appello milanese.
Questo convincimento sarebbe dimostrato, secondo Berlusconi, da una serie di decisioni del tribunale, che ha tagliato numerosi testimoni considerati decisivi dalla difesa, e si prepara ad emettere la sentenza sulla base quasi soltanto degli elementi d’accusa.
Ma secondo la stessa istanza di ricusazione, le tre dottoresse hanno anche già deciso che il reato è prescritto: e anche di questa convinzione avrebbero dato prova scritta in alcuni provvedimenti, come l’ordinanza che il 26 gennaio scorso definiva «imminente» la prescrizione del reato.
Come stanno effettivamente le cose? Qual è la decisione che - verosimilmente nel tardo pomeriggio di domani, dopo una camera di consiglio che si annuncia abbastanza corta - leggerà in aula «in nome del popolo italiano» il giudice Vitale a carico dell’«imputato Berlusconi Silvio»? L’ipotesi più verosimile è che le cose stiano esattamente come ritiene Berlusconi, e non è un quadro particolarmente confortante per l’imputato.
Non ci sarà una sentenza di assoluzione. Il tribunale riterrebbe provata la colpevolezza di Berlusconi, ma si preparerebbe a proscioglierlo «per intervenuta prescrizione».
Dal punto di vista mediatico e politico, Berlusconi uscirebbe incolume dal processo solo grazie alla legge sulla «prescrizione breve» approvata dal suo governo. E nelle motivazioni della sentenza il tribunale avrebbe mano libera nel dire tutto il male possibile dell’imputato, della sua responsabilità nella corruzione di Mills, nonchè dei robusti e variegati moventi che Berlusconi avrebbe avuto per cercare di addomesticare la testimonianza dell’avvocato inglese e nascondere i segreti dei suoi conti esteri: dalle società offshore intestate ai figli fino indietro nel tempo, ai dieci miliardi di lire di finanziamento a Bettino Craxi nel 1991. Insomma, un ritratto a fosche tinte ed inappellabile di buona parte della carriera imprenditoriale del fondatore della Fininvest.
Certo, è possibile uno scenario ancora peggiore per Berlusconi: e cioè che, ribaltando i calcoli fatti finora dallo stesso tribunale sulla prescrizione, i giudici escano dalla camera di consiglio abbracciando in toto le tesi del pubblico ministero Fabio De Pasquale, dichiarando Berlusconi colpevole e condannandolo per corruzione in atti giudiziari, ritenendo il reato non ancora estinto. Sarebbe una scelta radicale, e magari farebbe per un po’ di Francesca Vitale e delle sue colleghe tre icone dell’anti-berlusconismo.
Ma è piuttosto inverosimile - spiega chi conosce bene le tre donne che compongono il collegio giudicante - che magistrate esperte e stimate mettano a rischio la loro reputazione con una sentenza destinata quasi certamente a venire smontata in sede di appello.
A stabilire che il reato è prescritto sono state le Sezioni Unite della Cassazione, nella sentenza sul processo-gemello a David Mills che ha fissato all’11 novembre 1999 (e non, come vorrebbe la Procura, al 29 febbraio 2000) la data di commissione del reato.
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