Laccusa di omicidio volontario contro i gioiellieri Giuseppe e Rocco Maiocchi supera il primo vaglio e viene confermata dal gup Luca Pistorelli che li ha rinviati a giudizio come chiedeva il Pm Roberta Brera. I due commercianti, padre e figlio, sono accusati di aver ucciso Mihilo Markovic, di 21 anni, il montenegrino che tentò nellaprile 2004 una rapina nel loro negozio di via Ripamonti 190. Il processo inizierà il prossimo 10 gennaio davanti alla prima Corte dAssise di Milano.
Pistorelli in buona sostanza ha recepito limpianto accusatorio della Brera. Ritiene che ci siano prove sufficienti per vagliare lassassinio di Markovic come un omicidio volontario. «Ci prepariamo a un processo che darà il suo esito - commenta lavvocato Michele Monti, uno dei difensori dei gioiellieri -. I signori Maiocchi sono sereni e sono fiduciosi nella giustizia». La madre del giovane, invece, si è già costituita parte civile alla prima udienza preliminare.
A questo punto Giuseppe e Rocco Maiocchi, 54 e 28 anni, per la spaccata nella loro gioielleria rischiano pene altissime. Quel giorno Markovic morì per un colpo di pistola che lo raggiunse alla tempia sinistra. Il giovane montenegrino aveva infatti tentato la spaccata della vetrina. Ma i due gioiellieri, dopo aver visto la vetrina infranta, reagirono immediatamente. Usciti dal negozio, iniziarono a sparare, impugnando ciascuno una pistola, una calibro 9 e un revolver Smith&Wesson. Da quanto ha stabilito una consulenza delegata dal Pm agli agenti della polizia Scientifica il colpo che colpì la testa del rapinatore venne sparato dalla pistola di Rocco Maiocchi, mentre limmigrato stava scappando. Invece, nessuno dei tre coli sparati dal padre Giuseppe raggiunsero Markovic. Per lui lipotesi dellaccusa è quindi di concorso in omicidio volontario. «Lo rifarei in qualsiasi momento - dichiarò qualche settimana fa Giuseppe Maiocchi in unintervista trasmessa da Telelombardia - se mi sentissi in pericolo; in quel momento mi sentivo in pericolo e ho sparato. È sbagliato accusarci di omicidio volontario, io e mio figlio volevamo solo difenderci. Dopo aver sparato il primo colpo, il montenegrino Markovic, che era dentro lauto, ha avuto tutto il tempo per arrendersi e alzare le mani e mostrare che non era armato. Invece ha continuato a frugare dentro il cruscotto e questo ci ha fatto immaginare che avesse unarma». Ma nel cruscotto - si scoprirà poi - non cerano armi: «Questo non potevamo saperlo.
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it
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