Adesso è tutto on line. Le cartelle cliniche, i certificati, le diagnosi. Quarantasette pagine che documentano con linguaggio tecnico e burocratico lultima settimana di vita di Stefano Cucchi, il detenuto per droga morto allOspedale Sandro Pertini di Roma il 22 ottobre. Adesso è inevitabile leggere fra le righe e avanzare dubbi, sospetti, supposizioni. Frasi che sembrano aggiunte a posteriori, perché scritte con una grafia diversa e con caratteri molto stretti. Forse banali correzioni, forse no. Prescrizioni che non tornano, perché ci sono in un documento, ma mancano in un altro. Possibili omissioni. Sciatteria. Piccoli misteri: davvero Stefano, sballottato fra la cella e il letto dospedale, rifiutò di incontrare i genitori? E ancora, quanti chili ha effettivamente perso in quella settimana? Dalle cartelle si ricava che il 16 ottobre, al suo ingresso a Regina Coeli, pesava 52 chili, quando muore sarebbe sceso a 42. Che è successo?
Il caso Cucchi diventa loccasione per riflettere sulle condizioni di vita dei detenuti, non importa se in carcere o in un reparto protetto di una clinica. Il personale medico ha assistito correttamente il geometra? Una domanda che cade nel giorno in cui si viene a sapere che sono partiti i primi avvisi di garanzia. Laccusa, omicidio preterintenzionale (e non colposo), fa però capire che i Pm di Roma stanno sviluppando il filone dindagine numero due: quello relativo al pestaggio che Cucchi avrebbe subito. Forse, nella camera di sicurezza del Tribunale di Roma. Dopo ludienza di convalida del fermo. Quando forse fu aggredito e picchiato. Da chi? Il cerchio si stringe su sei persone: agenti di polizia penitenziaria, carabinieri, altri detenuti.
Ma si va avanti con cautela. Le lesioni potrebbero essere state causate sia da una caduta che da un pestaggio. Ma Cucchi è scivolato davvero dalle scale? E quando? Nel diario clinico, stilato a Regina Coeli il 17 ottobre, si legge: «Il detenuto è giunto nel pomeriggio di ieri, quando sarebbe accidentalmente caduto dalle scale». Poi, fra parentesi, cè la precisazione: «In libertà». Quelle due parole potrebbero essere state aggiunte a posteriori, per fugare ogni sospetto. In ogni caso il paziente era in condizioni difficili, «molto scadute». La relazione, scritta al Pertini, il 21 ottobre, parla di «una frattura vertebrale L3 e di una frattura della prima vertebra coccigea a causa di un trauma». E ancora: Cucchi «riferisce di essere affetto da crisi epilettiche... e da anoressia». Un quadro allarmante, aggravato dallatteggiamento «per nulla collaborante» del malato.
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