La Procura dimentica il flop Spatuzza: «Undici anni per Dell’Utri»

nostro inviato a Palermo

Et voilà: undici anni di galera per Marcello Dell’Utri. Praticamente un anno di carcere per ogni anno di processo. Questa la richiesta choc del pg Antonino Gatto a conclusione della requisitoria d’appello. La condanna dev’essere dura e che sia d’esempio, sollecita il procuratore generale. Perché? Semplice. Perché «per oltre un trentennio il signor Dell’Utri è stato al servizio di Cosa nostra». Perché «ha provato a inquinare le prove d’accordo con il pentito Cirfeta». Perché «ha fatto da mediatore tra il boss Mangano e Berlusconi». Perché «se la giustizia è proporzionale allora va ricordato che sono stati inflitti in appello 10 anni per infedeltà a un ex appartenente alla Polizia (Bruno Contrada, ndr) che ha commesso infedeltà con modalità meno devastanti di quelle compiute da Dell’Utri». Il verdetto sarà di colpevolezza perché - udite udite - «nuove prove sono emerse dalle dichiarazioni del pentito Spatuzza circa i rapporti di Dell’Utri coi boss Graviano».
La «condanna con gli interessi» (la definizione è di Dell’Utri e si riferisce ai due anni in più eventualmente da scontare rispetto ai nove del primo grado) sorprende gli addetti ai lavori che si aspettavano un ridimensionamento della portata accusatoria dopo il flop in aula del superpentito di Brancaccio e la successiva smentita in videoconferenza del boss Graviano, indicato proprio dal collaborante come il referente di Cosa nostra per il cofondatore di Forza Italia. E invece, no. Il pg Gatto ha trasformato la testimonianza boomerang in un discutibile riscontro probatorio all’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Leggere per credere: «Le dichiarazioni di Spatuzza si integrano alla perfezione, in maniera armoniosa, con le prove precedenti e tracciano un quadro preciso dei rapporti tra il senatore e i Graviano». Alla perfezione, dice. Eppoi aggiunge del tentativo di Marcello Dell’Utri di «inquinare» le prove intrattenendo rapporti sia con il pentito Cosimo Cirfeta che denunciò il tentativo di incastrarlo insieme a Berlusconi da parte di altri pentiti, sia con l’avvocato di Cirfeta. A cui Dell’Utri, secondo il pg, avrebbe corrisposto denaro e favori anche grazie all’intermediazione di Renato Farina, giornalista e parlamentare del Pdl «deputato dello stesso schieramento di Dell’Utri» e «giudicato in altra sede per aver aiutato alcuni agenti segreti a eludere le investigazioni nei loro confronti nel caso Abu Omar». Cosa diavolo c’entri Farina col processo Dell’Utri forse non lo sa nemmeno il pg che durante la requisitoria perde tempo a leggere il capo d’imputazione di Milano: «Questa vicenda ci dice dei mezzi istituzionali di cui l’imputato si è servito per deviare le indagini. Rimangono ancora oscuri i rapporti tra Farina e Dell’Utri». Quel che il rappresentante dell’accusa stranamente si è dimenticato di ricordare alla Corte è che Marcello Dell’Utri, nel cosiddetto processo-Cirfeta, è stato assolto. «Il pg - attacca l’avvocato Giuseppe Di Peri, difensore di Dell’Utri - costruisce un’ipotesi accusatoria basandosi su fatti illeciti che non sono né illeciti né provati». Altro importante vuoto di memoria riguarda l’atto d’accusa a Dell’Utri da parte di Massimo Ciancimino i cui verbali d’interrogatorio, insistentemente richiesti dal pg, non sono mai stati acquisiti dal collegio del presidente Dell’Acqua che sul punto ha ritenuto il figlio dell’ex sindaco di Palermo contraddittorio e non attendibile. Il pg le ha provate tutte, financo a tirar dentro una storia di ’ndrangheta, già rispedita al mittente dalla Corte.
Amareggiato dalla piega presa in aula, Dell’Utri s’è ritrovato lontano dall’aula nel momento della richiesta di condanna. «Ero a Porta Carbone a mangiare lo sfincione (tipica pizza palermitana, ndr). Oggi ho sentito di tutto ma non è emerso il fatto che l’impianto accusatorio è fondato su elementi per i quali c’è già stata un’assoluzione.

Faccio l’imputato ormai da 15 anni, mi difendo dall’attacco politico perché il mio è un processo politico. Sono entrato in politica per difendermi. Se dovessi essere assolto da tutte le accuse sarei disposto ad abbandonare per sempre la scena politica».

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