Procura di Milano all’attacco: incostituzionale il lodo Alfano

Per i pubblici ministeri la legge che congela i processi per le principali cariche istituzionali viola il principio d’uguaglianza

da Milano

La Procura della Repubblica di Milano riparte all’attacco: il «lodo Alfano», cioè la legge che congela i processi a carico delle principali cariche istituzionali, secondo l’ufficio diretto da Manlio Minale è incostituzionale, e pertanto deve essere cancellato dal nostro ordinamento. La decisione di chiedere alla Corte Costituzionale l’annullamento della legge - approvata prima dell’estate dal Parlamento - è stata presa al termine di una serie di riunioni dei vertici della Procura milanese.
La richiesta di annullare il lodo Alfano sarebbe, secondo i pm milanesi, un «atto dovuto» in quanto la nuova legge riproporrebbe - senza sostanziali innovazioni - aspetti del vecchio «lodo Maccanico», approvato dal Parlamento nel giugno 2003 e bocciato dalla Consulta nel gennaio successivo per violazione del principio di uguaglianza.
La decisione di aprire un nuovo fronte di scontro con il mondo politico aspetta ora, da parte della Procura, solo il momento adatto per essere formalizzata in udienza. È possibile che il momento arrivi già questa mattina. Davanti alla Prima sezione penale è infatti fissata la nuova udienza del processo per la vicenda della compravendita dei diritti tv da parte di Mediaset, che vede imputato tra gli altri il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. È la prima udienza dopo l’approvazione della legge, e secondo i difensori del premier il tribunale - presieduto dal giudice Edoardo d’Avossa - non ha davanti a sé altra strada che applicare la legge e sospendere il processo, almeno per quanto riguarda la posizione di Berlusconi.
Gli avvocati Nicolò Ghedini e Piero Longo ritengono che il giudice debba applicare la legge di sua iniziativa, senza neanche la necessità di una loro istanza. In ogni caso la contromossa della Procura è già pronta. Non appena d’Avossa gli darà la parola sulla ipotesi di sospensione del processo, il pubblico ministero Fabio De Pasquale annuncerà la questione di legittimità costituzionale del «lodo Alfano». A quel punto sarà il giudice d’Avossa a ritrovarsi col cerino in mano. Se riterrà che la questione sia palesemente infondata, «congelerà» il processo al Cavaliere fino al termine della legislatura. Se invece condividerà i dubbi di incostituzionalità della Procura, trasmetterà gli atti alla Corte Costituzionale perché sbrogli nuovamente il nodo.
Lo stesso scenario potrebbe replicarsi identico anche domani, nell’aula dove è fissata la nuova udienza dell’altro processo in corso a carico di Berlusconi. Si tratta del processo per corruzione in atti giudiziari, relativo alle tangenti che secondo la Procura sarebbero arrivate all’avvocato inglese David Mills.
Su questo processo incombe già la ricusazione del presidente del collegio, Nicoletta Gandus, respinta dalla Corte d’appello e riproposta in Cassazione dai difensori del capo del governo.


Ma anche in questo caso a mandare le squadre in spogliatoio dovrebbe provvedere l’entrata in vigore del lodo Alfano. E anche qui la Procura darà battaglia riproponendo alla Gandus le obiezioni costituzionali presentate a d’Avossa.

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