La Procura non stacca la spina al «Welby sardo»

Respinta la richiesta di Giovanni Nuvoli, malato di distrofia: «Non si può costringere un medico a fare un atto contro coscienza»

da Sassari

È affetto dallo stesso male di Piergiorgio Welby, ma non potrà morire allo stesso modo: il sostituto procuratore del tribunale di Sassari, Paolo Piras, ha infatti dichiarato inammissibile la richiesta con la quale Giovanni Nuvoli, 53 anni, reclamava che gli si «staccasse la spina». L’uomo, di Alghero, da sei anni è costretto a letto dalla distrofia muscolare amiotrofica ed è tenuto in vita artificialmente con l’aiuto di macchinari medici.
Ricoverato nel reparto di rianimazione dell’ospedale Santissima Trinità di Sassari, Nuvoli, un passato da arbitro e ora con un fisico ridotto ai minimi termini (pesa solo 20 chili), continua a consegnare alla moglie Maddalena - con la quale dialoga sbattendo gli occhi all'indirizzo delle lettere dell’alfabeto che la consorte gli indica su una lavagna luminosa - disperati appelli affinché gli venga consentita l’interruzione della somministrazione di aria ai polmoni, previa sedazione, un caso analogo a quello di Piergiorgio Welby, l’attivista radicale che ha scelto di fare della propria morte un caso politico. Nuvoli, nella lettera appello fatta circolare dalla moglie, fa riferimento esplicito a quella vicenda, chiedendo di intervervenire «fattivamente, come ha fatto il dottor Marco Riccio nei riguardi di Piergiorgio Welby». Nuvoli nello scorso settembre aveva anche inviato una lettera al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nella quale chiedeva che non gli fossero più somministrati farmaci: «Sono in grado lucidamente di decidere se proseguire le cure, è assurdo che la legge non tenga conto della mia volonta».
In tre cartelle di motivazione, il magistrato che ha negato la richiesta di Nuvoli argomenta che «non si può costringere un medico, neppure indirettamente, a compiere un atto al quale la sua coscienza si ribella. Un atto al quale certamente segue l’insufficienza respiratoria acuta (iatrogena) e poi la morte. Non si può costringere a provocare l'insufficienza respiratoria colui che quotidianamente la combatte, che non a caso si chiama rianimatore. Anche se basterebbe un semplice gesto, dopo sedato il paziente. Le dita del medico - scrive ancora il pubblico ministero Paolo Piras - scorrono spesso sui tasti di quel ventilatore, come sulla tastiera di un computer. Ma premere un certo tasto, mai. E quel mai va rispettato. Per taluni è come premere un grilletto. Non ci si può ergere a giudice dell’altrui coscienza». E ancora una volta una vicenda drammatica potrebbe essere trasformata in una bandiera dai fautori dell’eutanasia.

«Si renda a Giovanni Nuvoli il possesso del suo corpo che gli viene tolto per torturarlo, per continuare ad imporgli una innaturale tortura» ha detto dai microfoni di Radio Radicale Marco Pannella. E Marco Cappato, eurodeputato radicale, ha commentato la sentenza definendola «anticostituzionale».

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