La procura: «Processate Geronzi e altri sette manager»

Indagine chiusa. Il principale capo di imputazione è bancarotta per il caso Ciappazzi e per il finanziamento al gruppo Parmatour

da Milano

La Procura di Parma ha chiesto il rinvio a giudizio per il presidente di Capitalia Cesare Geronzi e altri sette manager dell'istituto di credito per l'inchiesta suugli affari delle acque Ciappazzi e di Parmatour, che la Parmalat comprò dal gruppo Ciarrapico, e per il conseguente finanziamento concesso dalla banca al gruppo turistico di Calisto Tanzi. Geronzi, insieme con Alberto Giordano, Roberto Monza e Riccardo Tristano è accusato di concorso in bancarotta fraudolenta nell'ambito del crac di Parmalat. Al presidente di Capitalia, in concorso con Giordano, Monza e Tristano, è anche contestato il reato di usura. La formulazione della richiesta di rinvio a giudizio era un atto praticamente scontato dopo l'avviso di fine indagini notificato il 26 gennaio scorso e dopo che lo stesso Geronzi aveva deciso di non farsi sottoporre all'interrogatorio previsto appunto dopo l'avviso di fine indagine. Sono indagati solo per concorso in bancarotta l'ad Matteo Arpe, Eugenio Favale, Antonio Muto e Luigi Giove. A tal proposito il portavoce dell’istituto di credito precisa che il coinvolgimento di Arpe «come già noto diverso da quello degli altri indagati, ha ad oggetto l'ipotesi di concorso per non aver impedito la consumazione di fatti di bancarotta da parte degli altri correi».
Nell'ambito di questa inchiesta, la scorsa settimana, il Gip Pietro Rogato aveva deciso la temporanea interdizione di Geronzi dagli uffici direttivi. In particolare, relativamente all' imputazione di usura - secondo l'inchiesta della Guardia di Finanza di Bologna coordinata dal Pm Vincenzo Picciotti - Geronzi, Giordano, Monza e Tristano «conseguivano vantaggi usurari in favore del venditore» Ciappazzi e «vantaggi usurari diretti, in relazione agli interessi corrisposti - e, comunque, da corrispondere - sull'importo di euro 18.075.000, in realtà vincolato, sulla base dell'illecito accordo» relativo «all' investimento autolesionistico nell'azienda Ciappazzi».

Geronzi, e gli altri tre manager, «inducevano Calisto Tanzi», con una Parmalat già «in condizioni di difficoltà economica», prima «a stipulare il contratto di acquisto dell' azienda Ciappazzi e, in seguito, a fronte di un irrisorio sconto di lire 2 miliardi circa, a consolidarne gli effetti giuridici ed economici», conseguendo «vantaggi usurari in favore del venditore». Secondo l'accusa, l'operazione provocò un «notevole danno patrimoniale delle società Parmalat spa e Cosal srl».

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