Roma - Procuratore Grasso, Berlusconi annuncia che saranno consentite solo le intercettazioni contro mafia e terrorismo. Qui al congresso dell’Anm si sono già sentite le prime critiche: lei come la pensa?
«È importante che il governo intervenga sul problema delle intercettazioni, ma riconosca l’importanza che hanno nella lotta alla criminalità organizzata. Contro la mafia è difficile trovare testimoni e documenti. Di solito, abbiamo le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e le intercettazioni, che spesso integrano le prime, fornendo dei riscontri. Sono due strumenti-principe per arrivare a prove granitiche da formare in dibattimento senza disperdersi, magari se i collaboratori non confermano più ciò che hanno detto. L’unica perplessità riguarda una drastica impossibilità di utilizzare elementi che riguardano reati diversi da quelli di mafia. Se indagando apprendo qualcosa su - ad esempio - un omicidio, potrò usare quella parte delle intercettazioni? Non conosco il testo del provvedimento e quindi mi pongo queste domande. Credo che tra i reati per cui è possibile ricorrere alle intercettazioni vadano inclusi anche quelli gravi per l’opinione pubblica».
Il ministro Alfano dice che oggi le intercettazioni sono troppe e hanno costi alti, il 33 per cento delle spese di giustizia.
«È vero che in Italia si fanno troppe intercettazioni e che spesso vengono divulgati dialoghi che nulla hanno a che fare con le indagini. Quando guidavo la procura di Palermo, diramai una circolare per limitare e non trascrivere, già nei brogliacci, ciò che non era pertinente. È un lavoro lungo e difficile perché bisogna ascoltare tutte le conversazioni e concordare con la polizia giudiziaria ciò che si deve utilizzare. Ma è un lavoro che va fatto».
Secondo lei sono efficaci i provvedimenti antimafia del pacchetto sicurezza?
«Apprezzo la presa d’atto del governo che i problemi di sicurezza non sono solo quelli del Nord, con le rapine in villa, ma anche quelli del Sud, dove agisce la criminalità organizzata. E dove la privazione della libertà, l’oppressione, l’intimidazione, la violenza fanno passare in secondo piano reati come furti e rapine. Sulla gente del Meridione c’è una pressione continua e quelli che nelle regioni settentrionali sono fatti gravi ma occasionali, lì vengono percepiti come fisiologici».
Questo per quanto riguarda il segnale, ma nel concreto?
«È importante che venga attribuita alle direzioni distrettuali antimafia la competenza di indagare e proporre le misure di prevenzione patrimoniali, sui beni dei mafiosi. È una vecchia idea di Giovanni Falcone e ci abbiamo lavorato insieme quando eravamo al ministero della Giustizia, con Martelli. Era il 1991 e c’erano forti resistenze a tutte queste innovazioni, anche da parte della magistratura. Su questo punto si dovette soprassedere, con l’intenzione di far approvare la misura appena ci fosse stato un clima migliore. Da allora, però, non ci siamo mai riusciti. Solo ora quel disegno si sta compiendo».
Condivide il reato d’immigrazione clandestina?
«Non c’è dubbio che se si entra illegalmente in Italia si deve sapere che si infrange la legge. Contro questo fenomeno ci vuole una certa deterrenza, soprattutto mentre altri Paesi alzano barriere anche giuridiche. Ma bisogna cercare soluzioni mediate ed eque, per contemperare le esigenze. Un immigrato che delinque, sia comunitario sia extracomunitario, va punito senza sconti di pena ed espulso, ma non bisogna buttare a mare chi arriva o sfruttarlo con il lavoro nero. Se sbarca una donna con un bambino in braccio è difficile applicare certe norme, negando il diritto alla vita e alla sopravvivenza».
Le è piaciuto l’intervento del ministro Alfano al Congresso dell’Anm?
«Gli dà ampio credito sulle cose da fare. Se riuscisse a realizzare ciò che in tanti anni nessuno è riuscito a fare, assicurare la certezza della pena e eliminare la lentezza dei processi, entrerebbe nella storia».
Sulle critiche alla Superprocura
«Siamo in una situazione di emergenza e bisogna trovare una soluzione in quest’ottica. Perché altrimenti si potrebbe arrivare alla sospensione delle garanzie e all’invio dell’esercito».
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