Marco Zucchetti
Calcio e politica. Da sempre a braccetto, da sempre passioni che dividono e uniscono. Nelle discussioni più accese ai tavolini dei bar così come sugli spalti di una semifinale mondiale. Accusato di essere malato e violento, lo sport più amato dItalia si affranca e risorge quando scende in campo la Nazionale. E tutto il Paese, classe politica compresa, torna ad appassionarsi per quel pallone di cuoio.
Storia lunga, quella del rapporto tra politici e Nazionale. I ricordi vanno a Sandro Pertini al Mundial 82. A quel «Non ci prendono più» in Mondovisione dopo il 3-0 siglato da Altobelli. Per Carlo Azeglio Ciampi, presente alla finale di Euro 2000, la delusione fu invece cocente. Oggi, a tifare azzurri nel Westfalen Stadion di Dortmund, il Capo dello Stato Giorgio Napolitano non ci sarà, mentre non mancherà il Presidente del Consiglio. Romano Prodi ha accettato linvito del Cancelliere tedesco Angela Merkel: «Ci sarò e sarò felicissimo di esserci - ha reso noto il Capo del governo -. Germania-Italia è il grande, eterno confronto».
Una fortuna o un rischio, presenziare allincontro? A metà tra politica e scaramanzia, i pareri si dividono. Il ct Marcello Lippi non ha esitazioni: «Siamo contenti e orgogliosi che il Presidente Prodi ci possa seguire». Altrettanto positivi i commenti del ministro dello Sport Giovanna Melandri, allo stadio con il ministro dellAmbiente Alfonso Pecoraro Scanio: «Sono molto contenta che Prodi abbia accettato linvito. Sono fiduciosa, ma lo dico a bassa voce: incrociamo le dita». Anche Marco Rizzo (Comunisti italiani) e Salvatore Buglio (Rosa nel pugno) spingono il Premier: «Fa benissimo ad andare - sottolinea Buglio -. Il calcio è l'unica componente bipartisan del nostro Paese. Certo però che la Merkel ha avuto un gran coraggio ad invitarlo!».
Di tuttaltro parere Ignazio La Russa (An), che bolla come «roba da pusillanimi» la «diserzione dei politici di centrosinistra alle partite degli azzurri». «Ora son buoni tutti ad andare allo stadio. Io cero con la Repubblica Ceca, quando ci giocavamo tutto».
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