Prodi in Giappone diventa militarista
17 Aprile 2007 - 03:04Il premier vende 5 elicotteri Agusta, offre altre armi e al governo nipponico dice: «LItalia non andrà via dallAfghanistan»
da Roma
I tempi non sono più quelli dellAsse e del Patto Tripartito, ma il presidente del Consiglio, Romano Prodi, nel corso della sua visita ufficiale in Giappone ha trovato il modo di rafforzare la collaborazione tra Roma e Tokio. Ma se nel 1940 ne andava dellordine mondiale, nel 2007 il premier italiano ha più prosaicamente colto loccasione del suo tour nipponico per «dare un aiutino» allindustria aerospaziale italiana, cioè a Finmeccanica. Che ieri ha firmato un contratto con il ministero della Difesa per la costruzione in licenza di 5 elicotteri Agusta A 109 per le forze di polizia del Paese asiatico.
Lo stesso colloquio tra Prodi e il primo ministro giapponese, Shinzo Abe, si è concentrato sulle possibilità di espandere la collaborazione nel settore della difesa. «Le forze nipponiche - ha detto Abe - importano vari tipi di equipaggiamento e tecnologie dallItalia. Noi intendiamo continuare con tali acquisti ogni volta che sia necessario». Insomma, il Professore ha «sponsorizzato» la validità dellofferta italiana nel settore militare e la partecipazione del presidente di Finmeccanica, Pierfrancesco Guarguaglini, alla missione del premier è un segnale eloquente del carattere promozionale della visita.
Il discorso, però, non si è limitato al solo rafforzamento della partnership commerciale, ma anche di politica estera a 360 gradi. Sulla questione Afghanistan Prodi ha sorpreso la platea. Mentre il suo collega nipponico ripeteva che il Giappone non avrebbe partecipato alle squadre di ricostruzione della Nato continuando la cooperazione esterna, il Professore si esibiva in uno dei suoi proclami. «Confermo che lItalia ha deciso di rimanere con il proprio contingente in Afghanistan» ampliando contemporaneamente «il contributo allaiuto civile», ha dichiarato.
Il presidente del Consiglio, anzi, ha voluto rimarcare che «questa è la linea dellItalia e non vi è alcuna modifica prevista». Proseguire sulla linea del peacekeeping militare come fondamento per la ricostruzione dellAfghanistan è tuttavia un rischio politico sul fronte interno. Si tratta del tema che ha costretto il premier a rassegnare le dimissioni nello scorso febbraio e che ha visto i senatori a vita contribuire al raggiungimento della maggioranza lo scorso marzo sul decreto di rifinanziamento.
E come se non bastasse giovedì scorso quattro senatori di Rifondazione (Giannini, Martone, Menapace e Del Roio) hanno presentato uninterrogazione al ministro della Difesa Parisi chiedendo spiegazioni sullinvio di cinque elicotteri Mangusta «dotati di armi dattacco» in Afghanistan e sulla coerenza di questi mezzi con le regole dingaggio.