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Prodi incenerisce il Pd: "Cancellare i dirigenti"

L’ex premier: "Partito autoreferenziale con risultati inferiori alle attese. Ora serve una struttura federale". Il professore rinnega le primarie: a scegliere il segretario siano i vertici regionali. Ed è subito caos

Prodi incenerisce il Pd: "Cancellare i dirigenti"

Roma - Lo ripete a ogni passo, come un mantra: «Io ormai sono fuori dalla politica». E però Romano Prodi, di tanto in tanto, non resiste alla tentazione di dare un calcetto ai suoi ex compagni. Possibilmente dove fa più male.

Il Professore ha aspettato che la delusione del Pd per le elezioni regionali si riassorbisse un po’, e poi ha colpito dritto sul livido, parlando di un risultato «inferiore alle attese», causato anche da un partito ormai «fortemente autoreferenziale, con rapporti troppo deboli con il territorio e con i problemi quotidiani degli italiani, messi in secondo piano dai ristretti obiettivi dei dirigenti e delle correnti». Una bocciatura su tutta la linea, una sorta di disconoscimento di paternità per quel Pd che fu la sua creatura, ma che - da quando non c’è più Prodi - a Prodi non piace più, per niente.

«Sono fuori dalla politica», ripete il Professore, che fa sapere a tutti di essere entusiasta delle sue nuove prestigiose occupazioni: l’insegnamento in Usa e in Cina, e il contratto nuovo di zecca firmato con la China Central Television, l’emittente di Stato controllata dal Partito comunista cinese, che lo ha assoldato come commentatore politico. Oltre a spiegare i fatti della vita ai cinesi, Prodi ha però mantenuto un contrattino di collaborazione anche con il Messaggero. Ed è tramite il quotidiano romano che ieri ha messo i piedi nel piatto del suo ex partito, spiegando come il Pd vada rifatto da zero, trasformandolo in «un partito su base strettamente regionale», a struttura federativa. Andrebbero «coraggiosamente» spazzati via gli attuali «inefficaci» organismi dirigenti, formati da «infinite code di benemeriti e aventi diritto, compresi ex segretari e ex presidenti del Consiglio» (il riferimento, più che a sé medesimo, sembra rivolto a Walter Veltroni e a Massimo D’Alema), e sostituiti dal sinedrio dei segretari regionali, da eleggere con le primarie (cosa che in verità già accade). I quali, a loro volta, dovrebbero eleggere il segretario nazionale: una bocciatura secca dell’elezione tramite primarie che costituisce una svolta nel pensiero prodiano. Probabilmente dovuta al fatto che, con le primarie, fu eletto l’odiato Veltroni.

Nel Pd si apre subito il dibattito: Sergio Chiamparino plaude all’idea di un Pd federalista; Peppe Fioroni attacca il Professore: «Ci serve la politica, non nuovi schemi e formule organizzative». Qualcuno, malignamente, interpreta l’esternazione come una bocciatura di Bersani, che l’ex premier sponsorizzò durante il congresso: «È curioso che a mettere in discussione il segretario sia proprio Prodi», insorge l’ex Ppi Giorgio Merlo. Dal centrodestra Daniele Capezzone infierisce: «Nel Pd è vendetta continua, ora anche Prodi pensiona Bersani».

Sandra Zampa, che anche se promossa deputata continua a fungere da ufficio stampa ombra di Prodi, si affretta a smentire le interpretazioni polemiche e conferma «stima e amicizia» con Bersani. Lo stesso fa un altro ex portavoce, Franco Levi, spiegando che Bersani era «l’unico che sapeva» che l’articolo sarebbe uscito. L’intervento del Professore, spiegano gli esegeti, va letto più come un attacco alla vecchia nomenklatura che al segretario: anzi è «una palla alzata a Bersani». Dallo staff del quale si conferma che è frutto delle «lunghe e amichevoli» conversazioni avute dai due anche in questi giorni, e che i punti di accordo sono molti, come spiega Bersani oggi sullo stesso giornale.

Anche se il bersaniano Migliavacca precisa che il contributo di Prodi è «utile» certo, ma «a lungo termine», con calma.

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