Ai tempi della prima Repubblica la spesa si gestiva in modo molto più semplice: servivano soldi per un provvedimento? Nessun problema, si stampavano. Questo bengodi ha provocato la crescita esponenziale del debito pubblico che adesso stiamo tutti pagando: infatti dal 1980 al 1994 il debito è cresciuto dal 55 per cento al 125 per cento del Pil con il risultato che adesso lo Stato paga per interessi sul debito circa 70 miliardi di euro lanno.
Per rendere la cifra comprensibile diciamo che si pagano come costo del debito 8 milioni di euro allora, in pratica, se il debito non ci fosse, si potrebbe costruire una scuola o un ospedale, completi di personale, ogni giro di lancetta lunga. Lesplosione del debito (aiutato anche dalla concessione di pensioni facili e assolutamente fuori linea con le contribuzioni) è stato un puro e semplice scippo che la generazione allora al potere ha perpetrato nei confronti dellattuale e ricordiamo che i responsabili ancora in vita e politicamente attivi (presidenti del Consiglio o ministri dellEconomia in carica in quel periodo) siedono tutti tra le file dellattuale centrosinistra o nei banchi dei senatori a vita che tanto si prodigano per il sostegno del governo. Grazie al patto di stabilità europeo non si può più proseguire su questa strada e non è più possibile fare crescere il debito, quindi ogni provvedimento assume una connotazione molto differente: si è passati dalla spesa assoluta alla spesa relativa, in quanto, in presenza di risorse limitate, ogni assegno che si stacca deve essere confrontato con altri utilizzi che di quei denari si potrebbero fare. Fino ad ora il governo dellUnione ha dato prova quanto meno di confusione, dando la sensazione di «sparare nel mucchio» sia quando si trattava di reperire risorse sia quando si pensa di redistribuirle.
Non cè traccia di equità (una delle parole dordine tanto care a Romano Prodi) se si aumenta il prelievo fiscale a chi già pagava tasse elevatissime per pagare assegni familiari aumentati a chi dichiara redditi nulli (quindi in buona parte evasori); non si capisce inoltre dove sia lequità nel dedicare miliardi di euro per consentire la pensione a chi, pur avendo già un lavoro, magari riccamente retribuito, vuole smettere a 57 anni.
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