da Roma
Il pranzo era sobrio, anzi, per dirla tutta, da quando s’è insediato Prodi a Palazzo Chigi, la solita minestra: maccheroncelli, pesce al forno... «Niente di che», a detta degli ospiti leader di partito. Eppure, la colazione di lavoro è sembrata assumere presto un’atmosfera singolare, tra «pranzo delle beffe» e seduta informale di un processo in contumacia.
Processo da tribunale del popolo, s’intende: perché il giudice-premier non era per nulla «terzo», ma parte in causa, così come quello a latere (Padoa-Schioppa). Pubblico ministero il socialista Boselli, da sempre legato a Prodi da saldi vincoli bolognesi. La giuria popolare, scelta con cura tra i «carissimi nemici» dell’imputato: Giordano, Mussi, Pecoraro Scanio, Diliberto, Mastella e Di Pietro. Riguardo poi al collegio difensivo, l’avvocato di grido Piero Fassino sembrava essere piuttosto in combutta, e quello d’ufficio (Antonello Soro), appunto, «d’ufficio». Insomma, a Palazzo Chigi ieri per la prima volta pare essersi riunito il nascente «Comitato nazionale di Resistenza a Walter», fronte clandestino che trarrà da qualsiasi inciampo o accidente accusato da Veltroni qualche motivo di soddisfazione.
Il capo d’accusa, spiegherà il procuratore Boselli, è sotto gli occhi di tutti da tempo, «soltanto che fingono di non vederlo». La requisitoria comincia quando Fassino prova a fare un’intemerata contro la sinistra alternativa: «Siamo undici partiti, e non si possono piantare le proprie bandiere quando si sta al governo tutti assieme. La manifestazione contro il welfare è assurda...». «Ma Piero... - lo interrompe Boselli - da che pulpito! Il partito più grande dovrebbe dare il buon esempio, mostrare il suo senso di responsabilità... E invece? Il suo leader in pectore presenta il proprio decalogo di politica fiscale, dimenticando che un governo in carica c’è già, e non è balneare... Walter nessuno lo discute, la sua serietà è fuori discussione, ma il dato oggettivo che vien fuori è una diarchia che prima o poi ci metterà nei guai. Così si confondono i nostri elettori: se Veltroni indica la politica fiscale del governo, perché il governo non la fa? E perché non è lui il premier? In tutt’Europa il capo del partito di maggioranza è capo del governo. Da noi invece è evidente che il Pd non rafforza l’esecutivo ma lo indebolisce e che esiste un conflitto tra il progetto personale di Walter e l’azione di Prodi. Un esempio? Veltroni annuncia che vanno tagliate le tasse, Prodi e Padoa-Schioppa fanno sapere che non si è ancora in grado di farlo. Come si regge? Poi vi lamentate quando i giornali scrivono quello che è ormai un dato di fatto: Veltroni si sta candidando a sostituire l’inquilino di Palazzo Chigi...».
Il segretario-traghettatore Fassino non sente di spingersi oltre una difesa tautologica: «Non è vero che il Pd indebolisce il governo, anzi». Soro, garante del Pd, deve invece scaldarsi: «Ma un leader del primo partito della coalizione non può astenersi! Deve far conoscere le proprie idee, indicare la propria ricetta! Chi è che non lo fa? E perché vedere questa contrapposizione? Walter ricorda sempre di sostenere Romano, che è il premier votato dagli elettori... Perché non si prendono per buone le sue rassicurazioni? Non si può demonizzarlo! E poi la sua leadership non è affatto matura: ci vorranno almeno uno-due anni perché, fatto il Partito democratico, si facciano i “democratici”... Ovvero si organizzi il partito come si deve».
Duro lo strascico polemico nei confronti di Boselli, autore di «una polemica scorretta, che riflette una visione miope e offensiva di quanto stiamo creando», dice Soro. «Ho soltanto detto che il Re è nudo», si meraviglia Boselli.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.