Prodi sulla Ue a lezione da Sarkò

Francia e Italia sono egualmente in difficoltà con gli altri partner europei. Ma Sarkozy agli altri 26 membri dei governi europei per l’economia e la finanza spiegarà lunedì prossimo il suo piano di ridurre in due anni oltre il 2010 l’eliminazione del suo deficit di bilancio. E ha spiegato che la Francia ha bisogno di uno shock fiscale, il taglio delle tasse, per dare energia all’economia.
Non a caso nel trattato prodotto nel vertice di Berlino dell’Unione Europea il presidente francese aveva tolto la concorrenza dai valori fondamentali dell’Unione. Sarkozy non è sicuramente un mercatista.
Nella tradizione francese il potere ha un ruolo fondamentale come motore economico. Sarkozy fa valere in linea di principio la volontà della Francia di non rispettare l’obbiettivo di risanamento dei bilanci nazionali entro il 2010: un impegno solenne preso da tutti gli Stati che la Francia mette ora in discussione per cogliere le possibilità di sviluppo nell’economia ed il preciso ruolo dello Stato in essa. E, per spiegare l’eccezione francese al consenso comune, pone apertamente il dissenso della Francia a fare del bilancio e della riduzione del deficit la chiave della politica economica europea. Sarkozy ha messo in piedi una nuova politica con un nuovo trattato elaborato dal vertice di Berlino ed ora pone l’Europa di fronte alla contestazione francese di un vero «acquisito comunitario», l’obiettivo rivolto verso il risanamento del bilancio pubblico dei singoli paesi. Il ritorno della Francia in Europa suppone che la Francia svolga un ruolo autonomo all’interno dell’Unione. Il risultato della contestazione francese nel referendum elettorale sulla costituzione dell’Unione è pienamente incorporato dalla nuova destra francese.
Anche in Italia ci si trova innanzi a un problema simile a quello della Francia. Ma tutto ciò che fa la politica italiana è di usare il tesoretto ottenuto con il supplemento di entrate da parte dei contribuenti italiani unicamente secondo le tesi di Rifondazione comunista; cioè in quello che viene chiamato il «risarcimento sociale».
Mentre la Francia contesta i criteri politici che sono imposti finora all’Unione, il governo italiano viene meno agli impegni che ha sottoscritto, ma non pensa a una politica di riduzione delle tasse come il presidente francese, ma guarda solo a una ridistribuzione di redditi delle categorie meno agiate. Il governo Prodi è un conformista ribelle, accetta i criteri della maggioranza dell’Unione e non si pone il problema di mutarli. Chiede la conversione dell’Unione per poter trasgredire.
Chi è venuto meno nel governo italiano è Tps, che sembrava chiamato a svolgere quel ruolo nella sinistra che avevano coperto, nei confronti della democrazia cristiana Luigi Einaudi e Guido Carli. Il ministro dell’Economia è un puro esecutore della volontà di Prodi di rimanere in buoni rapporti con la sinistra antagonista nelle sue varie forme.
Sarkozy ha fatto della eccezione francese la sua regola, ha detto che la Francia non si comanda e che soprattutto non la comanda l’Unione europea. Ha certamente aperto un contenzioso tra la presidenza portoghese dell’Unione, che ora inizia guidata da un socialista liberale come il presidente Socrates.
La presidenza portoghese, con il suo ministro dell’Economia Fernando Texeira dos Santos, ha dichiarato che ci sarà una forte opposizione al presidente francese da parte dei suoi pari. Certamente i nuovi Paesi dell’Unione Europea, Paesi postcomunisti, non saranno d’accordo con il presidente francese. Ma sta il fatto che questi ha posto la questione francese all’Europa come una realtà che non si può affrontare solo con problemi di bilancio. L’Italia invece continuerà a chiedere comprensione che non le sarà accordata. Aver scelto di spendere il tesoretto in risarcimento sociale rende evidente che il Paese scivola fuori dal consenso europeo senza opporsi ad esso.

Più volte in varie sedi è stata avanzata la possibilità che l’Italia abbandoni l’euro ed esca dalla politica finanziaria dell’Unione. Il governo Prodi ha fatto un passo avanti verso questa direzione.
Gianni Baget Bozzobagetbozzo@ragionpolitica.it

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