Prodi taglia le pensioni degli italiani all’estero

In ottobre l’Inps ha dovuto ricalcolare 351mila posizioni internazionali

Paolo Stefanato

da Milano

Un governo di sinistra non dovrebbe innanzitutto adoperarsi per la serenità e il benessere delle classi sociali più deboli? E una maggioranza che si regge sui voti dei parlamentari eletti all’estero non dovrebbe tenere nella massima considerazione i loro elettori? Invece che cosa fa? Terrorizza i pensionati italiani all’estero decurtando le loro pensioni. Senza nemmeno dirglielo. E all’ondata di protesta che segue come si comporta un governo autorevole e con le idee chiare? Si rimangia tutto e ripristina la situazione anteriore, quella stabilita dal governo precedente. Come se nulla fosse accaduto.
La vicenda è esemplare e, ironia della sorte, si svolge parallelamente ai negoziati tra il senatore Luigi Pallaro, eletto in Argentina, e il governo sugli ormai famosi 14 milioni da destinare agli italiani all’estero. Nel luglio scorso con un decreto del ministro Bersani, convertito nella legge 248 del 4 agosto, venivano cancellati i benefici fiscali ai pensionati residenti all’estero appartenenti alla cosiddetta «no tax area», che comprende le fasce più deboli, che - appunto - non vengono tassate. Trattati come evasori fiscali: anzi, peggio. Essendo il decreto legge di efficacia immediata, l’Inps ha provveduto a rifare tutti i calcoli, e la pensione di ottobre è arrivata a destinazione spaventosamente assottigliata, con punte anche dell’80% in meno (si legga la lettera di un’affranta ex lavoratrice pubblicata ieri sul Giornale).
L’ondata di proteste, la sollevazione dei patronati in Italia e all’estero, le critiche politiche hanno indotto il governo a tornare sui suoi passi. Il decreto datato 3 ottobre (numero 262), attualmente all’approvazione parlamentare come collegato alla legge finanziaria, ha ripristinato le deduzioni - così com’erano state messe a punto dal precedente ministro dell’Economia e delle Finanze - ridando ai pensionati «il loro». Un’andata-e-ritorno certamente poco onorevole che spinge a una domanda: perché un governo di stampo sociale ha fatto uno scherzo di gusto così biasimevole a una categoria che nella graduatoria delle «protezioni» dovrebbe stare ai primi posti? Forse per fare cassa? «A prima vista è così - commenta un esperto del settore che preferisce non essere citato -, ma è un’interpretazione ingannevole perché, trattandosi di pensioni minime, c’era ben poco da rastrellare. Piuttosto, mi creda, ho un’altra teoria: una svista! Non hanno capito l’impatto di una manovra che è stata semplicemente impostata e gestita male».
Gli errori sono stati anche successivi: i pensionati si sono visti arrivare gli assegni decurtati - che vengono pagati attraverso i canali bancari - ma non hanno ricevuto nessuna comunicazione da parte dell’istituto. Sorpresi, bastonati e ignari. «Sa - dicono all’Inps - molti vivono in luoghi sperduti che è difficile raggiungere attraverso il servizio postale». Sarà.
La storia - figuraccia a parte - è a lieto fine. L’Inps ha già provveduto a «ricostituire» le pensioni interessate dal provvedimento, che a dicembre dunque saranno riportate ai livelli precedenti; nello stesso mese saranno pagati anche i conguagli per ottobre e novembre.
Ma che dimensioni ha avuto questa sciagurata manovra del governo? Con precisione non è possibile risalire ai dati che hanno costituito le premesse per il primo decreto.

Ma sui 351mila assegni pagati all’estero in regime internazionale (per 806 milioni all’anno) è ragionevole supporre che circa 100mila appartengano alla «no tax area», per una cifra erogata meno che proporzionale. Il vero danno è stato piuttosto provocato all’Inps, che ha dovuto lavorare per due volte a vuoto.

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