Prodi voltagabbana, anche sul nucleare

Caro Granzotto, ho letto sul Giornale del 22 giugno la sua risposta a chi le chiedeva lumi «sullo sciagurato referendum che cancellò l’atomo». Nella sua lunga lista di colpevoli, ne ha dimenticato uno, molto importante: il Partito socialista, e in particolare l’allora accanito onorevole Martelli. Ho la giusta età e la sufficiente attenzione e preparazione per ricordarmi di quanto si agitò in quell’occasione Martelli per far rifiutare agli italiani il nucleare. Non mi meravigliò allora questa agitazione, degna di miglior causa. Ciò che però oggi mi meraviglia è che lei non abbia citato Martelli come il principale sabotatore del nucleare. Perché non l’ha fatto? Qualche scheletro nell’armadio? Ciò nonostante, lei ha la mia più grande simpatia e stima.


Solo comode e buone giacche, certi vecchi tweed che lei nemmeno se li sogna. Questo ho nell'armadio, caro Stringa. Gli è che a fare l'elenco degli sciagurati che promossero e sostennero il referendum antinucleare ci sarebbe da riempire questa pagina. Se basta. Fuor di dubbio che, come lei giustamente sostiene, a Claudio Martelli spetterebbe di diritto la testa di serie perché di quella schiera fu uno dei più istericamente attivi. Senza dire che fu sua la colpa se il Psi, da sempre nuclearista, voltò gabbana e si mise a sparare a palle incatenate contro il nucleare e coloro che lo sostenevano (liquidati, l'un per l'altro, come assassini, seminatori di stragi). Quelle fisime non furono nemmeno farina del suo sacco: Martelli, infatti, restò fulminato sulla via di Norimberga dove si era recato per partecipare a un convegno dei Grüne, i Verdi tedeschi allora in grande spolvero. Fu lì che si convinse, convincendo poi quel sant'uomo di Bettino Craxi, di cavalcare, dandogli selvaggiamente di speroni, lo stallone dell’apocalisse (si era in pieno dopo-Chernobyl) impegnando il partito in quella ringhiosa campagna antinucleare che tutti noi amaramente ricordiamo.
A proposito di gabbane voltate e rivoltate. Lo sa, caro Stringa, chi invece si schierò apertamente in favore dell'atomo? Romano Prodi. Ora ha cambiato idea ed è pappa e ciccia con Pecoraro Scanio, ma legga cosa disse, rivolgendosi proprio a Craxi, nel corso della Conferenza nazionale sull'energia che si tenne a Roma nel fatidico 1987: «Il contesto internazionale in cui oggi si discute è quello di un mondo industrializzato che non abbandonerà il nucleare. Un eventuale blocco della costruzione di centrali nucleari in Italia colpirà non solo l'industria del settore, ma tutta l'industria italiana, che continuerà a scontare un maggior costo dell'energia rispetto ai Paesi concorrenti». E aveva ragione, il nostro Testa quedra, ragione da vendere. L'abbandono del nucleare ci è infatti costato, in maggior spesa per il petrolio, 140 miliardi di euri. Più 29 quali incentivi alle vagheggiate fonti rinnovabili.

Più quattro miliardi e mezzo per smantellare le centrali nucleari. Totale, 143 virgola 5 miliardi. Pari ad una quindicina di «tesoretti». E tutti, fino all'ultimo centesimo, andati a gravare le bollette di noi tartassati consumatori.

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