Il prof in classe: «Che scandalo i miei colleghi»

Al dipartimento di linguistica Filippo Motta è un docente fuori dal coro. Insegna glottologia alla facoltà di lingue di Pisa, ultimamente sempre con più difficoltà.
Professor Motta, lei si considera un professore anticonformista?
«Beh, anticonformista non so, ma di sicuro non voglio farmi manovrare dalle autorità».
In che senso?
«È semplice, qui all’Università di Pisa è il Preside di facoltà a indire la sospensione dall’attività didattica».
Una formula furba per proclamare lo sciopero.
«Sì furba e scandalosa. Il meccanismo è semplice: il preside, a causa di presunte pressioni da parte di gruppi di studenti non meglio identificati, indice il blocco di tutta l’Università. Ora, prima di tutto nessuno è mai riuscito a capire di quale gruppo si tratti, ma soprattutto attraverso con questa formula lo sciopero è a costo zero per tutti».
Per tutti?
«È ovvio, in questo modo i docenti non perdono un solo euro. Con la scusa del blocco delle attività, le aule vengono chiuse e i professori si tolgono dall’impasse ideologica della posizione ufficiale. Restano a casa retribuiti regolarmente. E per gli studenti che scioperano non c’è nessuna perdita perché le lezioni vengono recuperate, rallentando il programma».
E oltretutto sembra uno sciopero generale?
«Certo, i giornali poi il giorno dopo raccontano di università che hanno aderito unanimi allo sciopero quando invece molti studenti erano contrari ma non hanno avuto scelta».
E lei cosa fa?
«Io voglio interrompere questo abuso di potere e faccio lezione. Mi faccio aprire l’aula e vado avanti».
E i suoi studenti?
«Non ci crederà, ma la prima volta non si sono presentati, le ultime volte invece sono venuti. Gruppi di collettivi entravano a disturbare la lezione. Ai ragazzi ho spiegato che lo sciopero è una scelta di coscienza individuale e non può essere pianificata o indotta dall’alto. Ognuno scelga con la propria testa, altrimenti è solo ideologia».
Che clima si respira in università in questi giorni?
«C’è una disinformazione generale. Sono studenti ideologizzati, non hanno letto il testo di legge del ministro Gelmini, protestano ma non vanno a fondo del problema».
E cosa succede quando i professori scioperano?
«Anche qui apriamo un altro tema inquietante. Assurdo per chi non vive la quotidianità dell’università».
In che senso?
«Fino ad un paio d’anni fa, il giorno dopo uno sciopero arrivava una mail ai professori. Ognuno di noi doveva dichiarare se aveva aderito o meno allo sciopero».
Un’autocertificazione?
«Certo, anche perché da noi non c’è controllo. Non ci sono cartellini da timbrare o fogli presenza da firmare.

Quindi l’autocertificazione era l’unico sistema. Ma cosa succedeva: molti scioperavano ma pochissimi certificavano».
E oggi?
«Oggi, per togliere anche quel minimo di imbarazzo ideologico non esiste nemmeno più quella mail. Si va direttamente al blocco».

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