«Prof», no global e pro nucleare Ecco la sindachessa «Superba»

GenovaMarta Vincenzi è una discepola del Veltroni della prima ora. Del Walter da maanche. Per dire, ancora studiava da sindaco, seduta alla cattedra da presidente della Provincia, che la mattina sfidava la polizia assediando insieme ai no global gli scienziati riuniti per un convegno sulle biotecnologie e la sera, la stessa sera, offriva ai terribili professor Frankenstein un ricevimento in Provincia. Poi però, siccome lei faceva davvero la prof, la preside per giunta, la parte della discepola fa presto ad andarle stretta. E così scavalca subito il maestro. Tanto per dire, il Pd organizza contro il governo la grande adunata per lanciare l’autunno caldo e lei è tiepiedina. Anzi, gelida: «Con questa crisi non si va in piazza, ci si rimbocca le maniche e si rema tutti insieme». Post scriptum: «Ma anche Berlusconi sbaglia».
A quel punto diventa un fiume in piena. E se il compagno Claudio Burlando, presidente della Regione, aveva ammesso di essere stato lui a guidare contromano, lei, Marta Vincenzi, è di quelle che contromano semmai ci vanno tutti gli altri. Ha torto il Papa, hanno torto i giudici, hanno torto i cittadini. Arriva il Santo Padre in visita pastorale a Genova, la sindaco lo accoglie al «Gaslini» e, accanto ai bimbi che lottano per la vita, fa la predica a Benedetto XVI che si batte contro l’aborto facile. Arrivano le sentenze del G8, lei si presenta in aula quando alla sbarra ci sono i poliziotti e solidarizza con i no global perché le sentenze sono sbagliate. Quando invece i giudici condannano i devastatori della città senza usare la mano pesante, la sindaco non si fa vedere a chiedere giustizia. Perché la «ferita alla città» per lei non sono le auto in fiamme o i negozi distrutti ma il fatto che non ci sarà una commissione parlamentare d’inchiesta.
Ovviamente le dichiarazioni le fa sempre a nome della città intera, perché Marta Vincenzi è la sindaco di tutti. Soprattutto è la sindaco della «città dei diritti». E annuncia che Genova sarà la capitale europea dei rom appena l’Italia scopre l’allarme sicurezza e i campi abusivi fuori controllo. Addirittura «Genova diventerà la capitale del nucleare», assicura a un convegno di fisici. Salvo rispolverare quel pizzico di maanche per tranquillizzare i compagni Verdi in un’intervista pubblica a Bruno Vespa, perché «non si faranno centrali nucleari».
Insomma, l’importante è annunciare qualcosa. Poi si vedrà. Quando esplode il caso-prostitute e ogni città studia multe e ordinanze, lei ne inventa una nuova. Chiude i «bassi», quei magazzini del centro storico trasformati in alcova. Passano i mesi e le conferenze stampa in cui si annuncia che «sta per partire la chiusura dei bassi», finché non sopraggiunge la ricorrenza dei dieci anni della morte di Fabrizio De André, il poeta che Bocca di Rosa la considerava un simbolo più importante della Lanterna. E allora Marta Vincenzi annuncia che anziché chiudere i bassi, firma un patto verbale, sì lo firma verbalmente, con la rappresentante delle lucciole, per nominarle sul campo sentinelle della riqualificazione dei caruggi.
A Genova arrivano gli autobus con la pubblicità atea contro il cardinale Bagnasco, la sindaco benedice gli slogan e riceve l’arcivescovo.

Le critiche più dure le riserva al collega porporato di Torino, il cardinal Poletto, che contesta Mercedes Bresso sul caso Eluana. E quando muore di freddo un barbone sotto il portici del Teatro Carlo Felice di chi è la colpa? Dei genovesi, naturalmente, «che vogliono la città pulita» e chiedono di buttare via coperte e cartoni dal salotto buono.

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