Cultura e Spettacoli

Il professor Scerbanenco in cattedra alla scuola dei duri

Con lui il «genere» diventa «specie», cioè si caratterizza adattandosi all’ambiente circostante. Giorgio Scerbanenco (Kiev, 1911 - Milano, 1969) è l’autore «di genere» (giallo, noir, rosa, hard boiled, western, persino fantascienza) più darwiniano e camaleontico. Possedendo quel particolare tratto di Dna che lo avvicina ai maggiori psicologi francesi e russi tipo Flaubert, Hugo, Doestoevskij, Tolstoj, maestri nel maneggiare i cuori dei personaggi, lo usa come reagente chimico immergendolo nei casi della vita (un tradimento, una rapina, una gita in barca, un malinteso, una premonizione azzeccata...), e ne registra gli effetti. Nel suo laboratorio, soltanto una macchina per scrivere e una risma di fogli. Da lì nasce la magia di storie minime, ma che diventano esemplari, fissando un paradigma interpretativo.
La forza virile, violenta, e le sensibilità femminea, compassionevole, della prosa di Scerbanenco sono i marchi di fabbrica delle sue pagine, come conferma questa raccolta fresca di stampa: Nebbia sul Naviglio e altri racconti gialli e neri (Sellerio, pagg. 208, euro 13, a cura di Roberto Pirani). Sono venti brevi esperimenti, incisivi tranche de vie.
Il primo gruppo di sette comparve su Il Secolo Illustrato dall’agosto ’36 all’agosto ’37 e preludono alla comparsa di Arthur Jelling, l’impiegato dell’Archivio Criminale della Centrale di Polizia di Boston che, dal ’40 al ’42, sarà la figura centrale di cinque romanzi classicamente gialli. Cavalcando la moda d’Oltreoceano, per la serie «Gangster e G-Men. Tutt’azione. Come un film», il settimanale Rizzoli aveva arruolato un manipolo di estensori... dalla pistola facile. Tutti americani tranne uno, Scerbanenco appunto, nascosto sotto lo pseudonimo Denny Sher. Ma nella «scuola dei duri» che ha come professori emeriti Dashiell Hammett e Raymond Chandler il Nostro inserisce già la sua «materia» preferita: l’esame dell’animo umano, quello dei buoni e quello dei cattivi.
Il secondo gruppo di quattro scritti uscì sul Corriere della sera fra l’agosto ’42 e il maggio ’43. Scerbanenco era nel frattempo diventato giornalista professionista, nel ’39, e qui, messe da parte le ambientazioni stereotipate dell’hard boiled che rischiavano di limitarne l’acutezza introspettiva, torna in Italia, anzi a Milano, la città d’elezione del noir nostrano.


Infine, nei nove pezzi di bravura per il Corriere Lombardo (aprile ’46-marzo ’48) che culminano con Nebbia sul Naviglio, il lettore assiste alla definitiva maturazione, fra commedia e dramma, intrigo e nemesi, colpa e vendetta, di una penna affilata come un bisturi e dolce come una carezza nel disegnare le intime, irrimediabili sconfitte di chi muore e di chi sopravvive.

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