Se ci limitassimo a giudicare il Nostro dal suo elogio della masturbazione, faremmo del folklore. È vero che la presa di posizione suscitò clamore e i benpensanti, per denigrarlo, paragonarono la masturbazione al suo sistema di pensiero. Il Nostro sosteneva che luomo doveva appoggiarsi sulla sola Ragione, poiché lesistenza di Dio era indimostrabile. I bacchettoni, inorriditi, lo aspettavano al varco. Così, quando lateo mostrò indulgenza per «lamore solitario», conclusero sghignazzando che libero pensiero e masturbazione erano un tuttuno. Una tipica diatriba settecentesca. Oggi, nessuno che difenda lonanismo sarebbe ostracizzato, anzi andrebbe al contrattacco accusando di passatismo i moralisti. Con quella uscita estemporanea, il Nostro dimostrava di usare la testa senza pregiudizi e di precorrere i tempi.
Il libertino era tuttaltro che tale. Uomo di esemplari costumi, regolava la vita sul flusso della clessidra. Nacque, visse e morì a Monte di Re, nella cui università insegnò prima Matematica, poi Metafisica. Senza mai muoversi, fu tra i massimi geografi del tempo. Universalmente famoso, riceveva continue visite di viaggiatori. Enormemente curioso, li subissava di domande su genti e terre che avevano esplorato. In questo modo, fu in grado di tenere un memorabile seminario sulla lontana Cina, il Paese allora in voga tra gli illuministi. Spaziava dallastronomia alle matematiche, dalla chimica alla filosofia. Ma discuteva con competenza di moda se si trovava in compagnia di graziose damigelle.
Nonostante fosse molto corteggiato, rifiutò di accasarsi. Fu sordo, a quanto pare, ai richiami del sesso, riservando i suoi entusiasmi alla sola sfera intellettuale. Viveva in agiatezza, accudito da alcuni domestici. Fu particolarmente affezionato al suo maggiordomo, Lampe. Quando questi morì, ne ebbe tale dolore che trascurò per giorni il lavoro. La cosa era senza precedenti e sentì di doverla combattere. Così decise di attaccare al suo scrittoio un cartello che diceva: «Dimentica Lampe». Lapparente idiozia di mettere un foglio che gli ricordava di dimenticare, indicava invece una sua convinzione profonda: la forza della ragione doveva servire a uscire da qualsiasi situazione, anche la più affliggente.
Con Lampe se ne era andato colui che conosceva tutte le sue manie. Per anni, era toccato a lui svegliarlo allalba con lordine di ignorare le contumelie che il professore assonnato gli rovesciava addosso e di cui pochi minuti dopo faceva ammenda. Una volta sveglio, il Nostro si metteva al tavolo di lavoro. Si alzava solo per percorrere in un tempo esattamente calcolato il tragitto che lo separava dalluniversità e iniziare il corso alle sette in punto. Finita la lezione, secondo il costume dellepoca, il professore girava di banco in banco con una vaschetta per raccogliere lonorario che ciascuno studente pagava per la lezione. Rientrato a casa, lavorava fino allora del pranzo.
Qui, cominciava il gran momento sociale del Nostro. Patito dello slow food, stava a tavola dalle tre alle quattro ore conversando con una scelta schiera di commensali. Mai meno di tre e mai più di nove. O come preferiva dire, in un numero compreso tra le Grazie e le Muse. In tali convivi, così necessari allo sfogo della sua verve, e nel salario destinato ai domestici, il docente spendeva tutto ciò che guadagnava. Aveva una filosofia del denaro da scapolo bennato: «Né debiti, né spilorceria», soprattutto, mai affannarsi per accumulare soldi. Un atteggiamento che smentiva le sue origini scozzesi. Giunto però alla vecchiezza e quasi dimenticato, i commensali si fecero sempre meno numerosi. Era stato preso dalla mania delligienismo. Masticava a lungo la carne e ne sputava i resti. Sosteneva che solo il succo era nutriente mentre la polpa guastava lo stomaco. Divenne piuttosto disgustoso, tanto che neppure un paio di Dioscuri si affacciavano più alla sua mensa. Ma questo avveniva poco prima della sua morte a 80 anni.
Nei tempi felici, si alzava da tavola col sole calante per la solita passeggiata sulle cinque isolette della Pregolja, il fiume di Monte di Re. Il tragitto fu per decenni una sfida rinnovata. Il Nostro si era prefisso di trovare il percorso più breve tra le isole, senza attraversare due volte gli stessi ponticelli che le univano. Nonostante fosse un genio, non venne mai a capo del busillis. La soluzione è stata poi trovata con la «teoria dei grafi», ramo recente della matematica. Durante la passeggiata sul fiume, era sempre avvicinato dallo stesso mendicante che cercava di strappargli unelemosina. Ogni volta, il professore gliela rifiutava dandogli del pelandrone. Poi cercava di colpirlo col bastone che laltro schivava con abilità. E si lasciavano col tacito accordo di ripetere la gag il giorno dopo. Rientrava immancabilmente alle 18 e le massaie del vicinato si regolavano sul suo passaggio per accendere i fornelli.
Poiché il nocciolo della sua teoria è che la ragione umana dà a sé stessa le sue leggi e nessun Dio abita la volta celeste, volle sulla tomba questo epitaffio: «Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me».
Chi era?
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.