da Milano
Molti adolescenti crescono con la cultura dellodio e della violenza. Di chi è la colpa? Luigi De Marchi, psicologo e professore in Usa e in diverse università italiane sbotta spazientito: «Smettiamo di parlare di colpa, ognuno è responsabile delle proprie azioni. Ormai va di moda assolvere il singolo in nome della società. È chiaro che ci sono delle influenze sui comportamenti dei giovanissimi ma ognuno è responsabile delle proprie azioni».
Ma gli autori delle violenze sono dei minori.
«Non bisogna commiserare questi ragazzi: devono finire in galera e pagare per i reati che hanno commesso. È chiaro che sul loro comportamento influiscono adulti e società. Ma a far più danni è la scuola».
La scuola?
«Esattamente. Io trovo demenziale la sentenza del tribunale di Milano che ha colpevolizzato i genitori di quei teppisti che hanno violentato una ragazzina».
Perché?
«Perché tendono a deresponsabilizzare i giovani e a criminalizzare le famiglie. I comportamenti degenerano a scuola. La violenza è il prodotto di una scuola incapace, arrogante, noiosa che disamora i ragazzi della cosa più bella che ci sia, la conoscenza e la cultura».
La noia può portare alla violenza?
«La noia porta al cinismo che poi è lanticamera della violenza. Prendiamo i cinque teppisti di Torino, tutti li conoscevano, ma gli insegnanti non reagivano e non denunciavano nulla, trovavano normalissimo averli in classe».
Insegnanti poco attenti alle esigenze dei giovani?
«Purtroppo la scuola in Italia è sempre stata un luogo di sbadiglio dove gli insegnanti che sanno coinvolgere gli alunni sono mosche bianche. Il resto del corpo insegnante arriva in classe e scodella il solito gruzzolo di nozioni, poi se ne va».
E chi ha innescato questo meccanismo?
«Un sindacato imbecille e irresponsabile che si occupa solo di problemi salariali, che vuole far assumere centinaia di precari che non hanno mai fatto un concorso né un esame e possiedono solo una presunta competenza nozionistica. Così si distrugge solo il futuro del paese, favorendo la fuga dei cervelli. E si producono cinismo e indifferenza, teppismo dentro le aule».
Lei mette sotto processo tutto il corpo insegnante?
«Intendiamoci la violenza è violenza. Guardiamoci bene dal fare di questi delinquenti delle povere vittime. Ma il teppismo è solo un fiore putrido di una stagnazione generale della nostra scuola incapace di motivare e appassionare i ragazzi alla cultura e alla ricerca».
Cosa propone per migliorare le cose?
«Che cambino radicalmente i criteri di formazione e selezione degli insegnanti. Non è importante che siano pozzi di scienza, ma devono saper comunicare, entusiasmare e ascoltare. Io chiedo una rivoluzione relazionale».
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