Progetti Gli insorti: monarchia? Perché no

Libia e Italia «a braccetto» verso un futuro democratico dopo 40 anni di potere assoluto. Un futuro in cui «sarà il popolo libico a decidere la propria forma di governo», segnato da rapporti ancora «più stretti» tra Roma e il Paese nordafricano. Il primo ministro del Consiglio Nazionale Transitorio Mahmud Jibril, in Italia per la terza riunione del Gruppo di Contatto sulla crisi libica, traccia la road map del dopo-Gheddafi, non esclude l’opzione di una monarchia costituzionale e assicura: Roma «resterà il nostro partner numero uno».
Anche «se la battaglia contro Gheddafi non è finita», è il futuro della Libia a stare a cuore a Jibril, intervenuto in una conferenza presso la sede della Stampa Estera a Roma. Il premier «non esclude» un ritorno alla «monarchia se sarà il popolo a volerlo»: il Cnt sta solo «amministrando questa situazione di crisi». Poi, è la precisazione di Jibril, toccherà a un «governo ad interim», formato da tecnocrati della vecchia guardia, militari e funzionari dell’intelligence «guidare» il neonato Stato verso la stesura di una Costituzione, l’istituzione di un referendum sul tipo di governo da adottare e lo svolgimento di «elezioni libere».
Resta, per ora, l’ostacolo Gheddafi.

Il leader ammette di «non sapere» quanto potrà durare il conflitto in Libia, «un anno o un mese» ma promette che la «determinazione» del popolo libico nel chiedere «una vita migliore» e un governo democratico «non avrà fine».

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