(...) sembrava esserci un piano, una volontà costante, di dare spazio alle aziende. Lungo i molti anni di questo dopoguerra, se ben si guarda, le aziende private hanno affrontato continue difficoltà a Genova e un poco alla volta hanno trasferito altrove la loro sede ed i relativi uffici. Molti anni dopo lavvento di questa diaspora di industrie e la perdita di molti posti di lavoro per impiegati, incontrai alla Bocconi un professore che era stato a Genova, anni prima, quando aveva la cattedra alluniversità di via Balbi. Fu in quella sede relatore di tesi che concludevano: «Genova, entro lanno duemila, supererà il milione di abitanti».
Eravamo a Milano, erano trascorsi due o tre decenni da quelle discussioni di tesi di laurea.
Constatammo insieme che il numero di abitanti di Genova era in costante diminuzione, che le aziende private di prestigio si trasferivano altrove, il ceto medio, che nei secoli passati aveva fatto la grandezza di Genova, sembrava disperso. Non si poteva dimostrare lesistenza di un piano prestabilito e messo in opera contro il ceto medio a Genova. Se ne constatavano le conseguenze. Non era stato dato spazio alle imprese che creano posti di lavoro.
Cavi Borgo
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