da Roma
Un augurio per lelezione, una benedizione e lauspicio che il nuovo inquilino del Quirinale possa agire promuovendo il «bene comune nel solco degli autentici valori umani e cristiani» che rappresentano il patrimonio del popolo italiano. Questo ha scritto Benedetto XVI nel telegramma inviato a Giorgio Napolitano, presidente eletto della Repubblica. Il neoeletto ha risposto a stretto giro, dicendosi «toccato dalle cordiali espressioni di augurio» e assicurando che il richiamo ai valori degli italiani è «motivo di incoraggiamento nellimpegno che mi accingo ad assumere».
Il messaggio papale porta la stessa data del discorso su matrimonio e famiglia contenente la nuova condanna dei Pacs, che Benedetto XVI ha pronunciato ieri mattina e che ha suscitato molte polemiche nel mondo politico. «Desidero rivolgerle deferenti espressioni augurali - ha scritto il pontefice - per la sua elezione» e «mentre auspico che ella possa esercitare con ogni buon esito il suo alto compito invoco sulla sua persona la costante assistenza divina per una illuminata ed efficace azione di promozione del bene comune nel solco degli autentici valori umani e cristiani che costituiscono il mirabile patrimonio del popolo italiano». Cè chi ha fatto notare questa coincidenza, sottolineando che quel riferimento esplicito ai «valori cristiani» potrebbe rappresentare ben più di un augurio ed essere invece un appello preciso lanciato dai sacri palazzi vaticani al primo presidente italiano postcomunista.
È vero che nei giorni scorsi lOsservatore Romano, con articoli approvati dalla Segreteria di Stato, era sceso in campo annotando le «evidenti perplessità» suscitate dalla candidatura di Massimo DAlema, auspicando invece una soluzione condivisa. Ma è altrettanto vero che proprio il quotidiano della Santa sede aveva poi giudicato lo stesso Napolitano una figura corrispondente alla richiesta del centrodestra di una figura «di alto profilo istituzionale».
Come interpretare, dunque, laccenno ai «valori cristiani»? Per rispondere è necessario rileggere gli analoghi telegrammi inviati da Giovanni Paolo II al neoeletto presidente Carlo Azeglio Ciampi, il 24 maggio 1999 e ancora più indietro, il 26 maggio, a Oscar Luigi Scalfaro. Sia nel primo che nel secondo caso, lespressione ricorre quasi identica. A Ciampi, cattolico praticante ma «laico» di formazione culturale e politica, Wojtyla augurava «unilluminata ed efficace azione di promozione del bene comune nella linea degli autentici valori civili e cristiani del popolo italiano», e identiche parole erano state usate sette anni prima per salutare lelezione di Scalfaro, democristiano e cattolico. Si tratta dunque di espressioni ormai codificate. La differenza più rilevante è che mentre nel telegramma a Napolitano si parla di «autentici valori umani e cristiani», in quelli di Ciampi e Scalfaro i valori invece che «umani» sono definiti «civili».
Il presidente eletto ha così risposto a Benedetto XVI: «Sono toccato, Santità, dalle cordiali espressioni di augurio che mi ha fatto pervenire.
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