La sera dopo si chiacchierava, davanti al caminetto. LAgnata era quieta, immersa nellautunno di piombo. Dodici anni prima, in quella stessa sala, avevo visto Dori creare il pesto più ligure che mani brianzole abbiano mai cucinato. E intanto lei e Fabrizio parlavano il gergo attonito dellamore, lei lo chiamava Bi e lui Bo, come in uninfanzia restituita. Adesso era lultima volta che andavo allAgnata, e non lo sapevo. Filippo il fattore adagiava le teste di fungo sulle foglie di vite: aggiungeva olio e vino, il caminetto sprizzava vampate ilari, piano piano le patate sindoravano. Fuori? Le nubi gravavano, basse, sulla pietra e sul verde. La notte, appressandosi, bruniva il cremisi dei rampicanti sul grigio petroso della facciata. Quasi le udivi mormorare, le mille anime acquattate nel buio, a popolare la notte. Gli animali dei boschi, i maiali chiusi nellangustia della porcilaia, le mucche dal loro castello di odori e sulluscio due gatti: uno nero, laltro chiazzato di grigio, ad ascoltare il creato col loro talento telepatico.
Il mio ultimo ricordo di quel paradiso si lega dunque a un velluto di bruma e al pioviggine lieve duna sera dottobre. Ci sedemmo al lungo tavolo di legno a mangiare lesito di quella liturgia cuciniera. Bevendo il vino tosto e giovane di Filippo: a larghe spanne il fattore e lospite, niente a Fabrizio, che lalcol aveva ormai ripudiato. Era stato un miracolo, compiuto dal padre sul letto di morte, ché, racconterà poi lui stesso in Un destino ridicolo, «mi ubriacavo quasi ogni sera, perfino ai concerti tenevo la bottiglia sotto il leggio.
La promessa al padre sul letto di morte
Il cantante si ubriacava spesso, lui gli chiese di smettere di bere
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