Proporzionale, la sinistra non tratta

Fini e Giovanardi: possibile qualche modifica al Senato. L’opposizione: l’accordo bipartisan andava cercato prima

Anna Maria Greco

da Roma

Qualche dubbio che la legge elettorale approvata dalla Camera sia incostituzionale? Il centrodestra è convinto di no, ma non chiude la porta a eventuali modifiche che potranno essere decise a palazzo Madama. Lo dice il vicepremier Gianfranco Fini, lo dice anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi.
Ma l’opposizione, più che proporre correzioni, boccia il nuovo sistema tout court, accusando la Casa delle libertà di aver fatto tutto da sola, per chiari interessi legati al voto di primavera. «Credo che la riforma elettorale approvata dalla Camera - dice il leader di An, Fini - non abbia alcun profilo di incostituzionalità. Comunque, se al termine dell’esame in Senato saranno emersi motivi per effettuare qualche variazione, si procederà». Quanto alle critiche espresse su Repubblica dal presidente emerito della Consulta, Gustavo Zagrebelsky, Fini taglia corto: «È solo un articolo, per quanto autorevole ne sia l’autore».
Anche per l’Udc di modifiche costituzionali non c’è bisogno. Giovanardi spiega che potrebbe esserci «qualche particolare tecnico collegato ai collegi senatoriali da rivedere», e allora meglio correggerelo subito che «incorrere in censure successive». E il presidente dei senatori centristi, Francesco D’Onofrio, assicura: «Credo addirittura che la soluzione adottata per il Senato sia la più costituzionale fra tutte quelle possibili».
Finora la maggioranza è andata avanti come un «ariete», protesta Romano Prodi, con «proposte inaccettabili». E invece, incalza il leader dell’Unione, «io ho sempre detto che una legge elettorale la si approva con l’accordo di maggioranza-minoranza».
Replica a Fini anche Fausto Bertinotti, convinto che «la discussione sia chiusa nel momento stesso in cui il governo l’ha aperta, perché non è materia di trattativa». Il segretario di Rc afferma che per rispetto alla democrazia bisognava «che si votasse alla fine della legislatura con la stessa legge con cui si è votato all’inizio, cioè, con quella con cui Berlusconi è andato al governo». Ma, garantisce, il popolo italiano si sta preparando «a dire che deve andarsene», anche con regole diverse per il voto.
Le accuse di Prodi alla Cdl di aver chiuso ogni confronto per l’azzurra Isabella Bertolini sono un boomerang, visto che sono stati l’Unione e il suo leader ad aver «sempre rifiutato ogni dialogo con la maggioranza». E il vicepresidente dei deputati di Forza Italia precisa: «La legge imperfetta è quella attuale, che consente di vincere a chi è minoranza nel Paese, come fece Prodi nel 1996. La nostra proposta è giusta e doverosa. Garantisce governabilità, stabilità e consente di vincere a chi ha la maggioranza dei consensi». Stessa replica da Adolfo Urso, viceministro An alle Attività produttive: «Proprio Prodi ha imposto a tutta la sinistra la linea dell’ostruzionismo a ogni costo, rifiutando ogni dialogo sul merito della legge elettorale».


Ma certo, perché è «una porcheria», insorge il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio. Questa riforma, precisa, al suo partito potrebbe anche convenire, ma «non prevede meccanismi democratici nella formazione delle liste».

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