Protesta: «Altri sport abbandonati»

Sono stati inseguiti da un gruppo di scalmanati che brandivano caschi, sedie e bottiglie di vetro

Ci sono quindici gradi in più, di caldo e di febbre da tifo, dalla Francia alla Spagna. Alle 20 in piazza Duomo si stringe un patto «azzurro» fra curva Nord e Sud di San Siro: «Oggi è solo Italia, non Milan e Inter». Parte qualche coro contro i carabinieri e gli avversari. Un gruppetto di studenti «Erasmus» si dirige verso Pagano: «Qui abbiamo paura», dice una ragazza abbracciata al fidanzato. L’Euro Stadium allestito dal Comune è una già plaza de toros: 6-700 persone, e 32 gradi. Polizia e carabinieri controllano l’ingresso. L’accoglienza non è cavalleresca. Fischi e insulti. Oltre la goliardia, fra la maleducazione e la violenza. Gli spagnoli sono sistemati in una piccola enclave ai piedi del maxi schermo. Gli organizzatori provano a tranquillizzare i più eccitati, senza molta fortuna. I tifosi azzurri si alzano in piedi per cantare l’inno di Mameli, ma è solo una scelta estetica, e qualcuno lo ha già rimpiazzato con il tormentone del pòpopòpopopopò. Fischi quando le telecamere Rai intervistano il re Juan Carlos; altre bordate di fischi quando inquadrano le roi Zidane. La lesa maestà è la prima entrata dura su Cassano, che infiamma la partita con qualche incursione delle sue.
Il sole va giù, e anche l’incontro si raffredda. Al Prater di Vienna si giochicchia. Loro lo fanno meglio. Chiedono due rigori, uno c’è. La squadra resiste. In piazza Duomo c’è un centinaio di tifosi iberici, in mezzo a diecimila italiani. Sono sul sagrato. A Milano gli spagnoli ci sono stati per qualche secolo, e forse si sentono ancora un po’ a casa. E poi c’è aria di reconquista, dopo decenni di dominazione italiana (sui campi di calcio). Noi siamo sazi dell’abbuffata Mondiale, e magari del boccone francese della settimana scorsa. Loro affamati di vittorie.
La partita è bloccata. C’è silenzio. Si muovono solo i carretti delle bibite ghiacciate. A fine serata saranno migliaia le bottiglie di birra abbandonate. Gli unici scossoni sono le parate di Buffon, e gli errori di Toni. Silva fa tremare tutti. Mugugni per i cambi decisi da Donadoni. Di Natale invece è pericoloso. Anche Camoranesi ci prova: niente da fare. Rigori. Telefonini alzati, qualcuno per non guardare si volta verso la Galleria. Si mette male quando sbaglia De Rossi. Buffon para. «Siamo pari», ricorda un ragazzo con la bandiera gialla e rossa sulle spalle. È simpatico, e coraggioso. Quando sbaglia anche Di Natale, nasconde la bandiera sotto la maglietta e si allontana. Vola qualche insulto. Fabegras segna. Siamo fuori. Un gruppo di teppistelli italiani si avvicina minaccioso ai giovani avversari. Poi l’aggressione, da parte di alcune decine di ultras con caschi e bottiglie di vetro. Interviene la polizia.

I teppisti si allontanano verso piazza San Babila, sempre più eccitati. Scandiscono i cori della domenica contro le forze dell’ordine. Rovesciano cestini. Qualcuno brucia una bandiera. Finisce male insomma, non solo a Vienna.

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