(...) Insomma, in banchina la notizia non è passata inosservata. Probabilmente più di un addetto ai lavori non si è neppure stupito oltre misura. La possibilità che la gestione dei numeri di protocollo di unente pubblico di tale importanza non sia, per usare un eufemismo, così rigorosa era magari già risaputa grazie a spifferi e passaparola.
Le lettere citate dal Giornale rafforzano i dubbi. In particolare una assume un valore tutto particolare. È quella scritta due volte - con testo diverso, una volta con e una volta senza un allegato fondamentale - per rispondere alla richiesta dei carabinieri che indagavano sulla sparizione delle storiche bitte. Sostanzialmente è stato detto agli inquirenti che le bitte erano state smaltite come fossero ferraglia qualsiasi perché erano «già fratturate e quindi inutilizzabili». Anche alla luce delle fotografie già pubblicate a luglio dal Giornale, una delle quali viene riprodotta qui di lato, la teoria che le bitte fossero proprio da buttare sembra poco sostenibile. Una parte degli ormeggi era stata infatti anche posta sotto sequestro dopo essere stata ritrovata in un cassone nei pressi del ponte elicoidale. E le condizioni generali delle bitte non erano affatto brutte, tanto che i carabinieri del Tpa avevano avviato linchiesta dopo aver scoperto che il sito internet di un rigattiere toscano offriva una bitta come pezzo di antiquariato. Insomma, cè chi paga (e bene) per avere ferraglie «già fratturate e quindi inutilizzabili».
Se Luigi Merlo aspetta lesito dellinchiesta interna, anche la politica pretende chiarezza. Magari proprio dagli accertamenti del presidente dellAutorità Portuale. Il senatore del Pdl Giorgio Bornacin, sempre attento a quanto accade sulle banchine liguri, interviene stupito sul nuovo giallo che investe il porto di Genova. «Non dico che farò uninterrogazione al ministro che rischia di arrivare tardi e di restare lettera morta - spiega deciso - Da quanto scoperto dal Giornale, emergerebbero anche responsabilità penali. Cose gravi.
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