Prove di dialogo Pdl-Fli sul Lodo Alfano. Ma è rebus alla Consulta

La non reiterabilità dello scudo al centro delle trattative nella maggioranza: tempi più lunghi per l'approvazione. Bocchino è critico: "Ddl su un binario morto". Si confida in un giudizio morbido dalla Corte

Roma Sul lodo Alfano piovono emendamenti, e i finiani - come a gran voce preannunciato - mettono sul tavolo la pistola della «non reiterabilità». Lodo sì, ma modello Kleenex: si usa una volta e poi si getta; e se Berlusconi putacaso diventasse di nuovo premier o addirittura salisse al Colle non potrebbe più contare su alcuna sospensione dei processi. «Più ad personam di così si muore», fa notare dal Pdl Gaetano Quagliariello, rimproverando a Fini la «contraddizione».
Il Pdl invece accoglie il brusco richiamo arrivato dal Quirinale e introduce il lodo automatico: lo scudo per le due alte cariche, premier e presidente, non dovrà passare per voti parlamentari. E il diretto interessato deciderà lui se utilizzarlo o rinunciarci. Quanto alle trattative con i finiani, il Pdl sembra far buon viso a cattivo gioco e offrire il massimo di disponibilità: «Non vogliamo andare al muro contro muro e non faremo certo minacciare la stabilità del governo su questo provvedimento», dice Carlo Vizzini, che al Senato presiede la commissione Affari costituzionali dove giace il provvedimento. Riconosce che la non reiterabilità «è uno scoglio», ma confida che ci si possa «lavorare insieme». E sembra preannunciare ampi e pacati dibattiti e tempi dilatati: «Siamo in Parlamento e si chiama Parlamento perché si parla, si discute, non si alzano barricate». La finiana Giulia Bongiorno, autrice degli emendamenti, ringrazia e dice di «apprezzare l’atteggiamento di disponibilità» da parte di governo e Pdl.
Lo scontro sul Lodo, insomma, sembra diventato più di facciata che reale, e dal Pd il senatore Stefano Ceccanti, membro della commissione che lavora sulla materia, lo dice apertamente: «Sia i finiani che il Pdl stanno facendo una manfrina per prendere tempo: in realtà nessuno, neanche Berlusconi, è interessato a portare a casa questo Lodo, che poi finirebbe sotto la mannaia del referendum costituzionale». In realtà, spiega, si attende la sentenza della Consulta sul legittimo impedimento, prevista per il 14 dicembre: «Potrebbe arrivare una sentenza che non bocci il provvedimento ma chieda qualche modifica fattibile. E a quel punto la maggioranza potrebbe fare in quattro e quattr’otto una leggina per reiterare il legittimo impedimento fino a fine legislatura».
Ai piani alti del Pdl non si nega lo scenario: «È possibile che vada così, noi lo speriamo». In casa Fli, intanto, la tensione tra falchi e colombe non si placa. I primi non vogliono prestare il fianco agli attacchi di Di Pietro, che accusa: «Gli emendamenti di Fli sono pannicelli caldi per far passare la legge porcata», e dunque vorrebbero fermare la trattativa. Ieri il capogruppo alla Camera Bocchino si è detto certo che «il lodo finirà su un binario morto, come le intercettazioni».

E il suo omologo del Senato Viespoli, fautore della trattativa, lo ha zittito: «Noi lavoriamo giorno per giorno sugli emendamenti, altri evidentemente hanno la capacità di fare previsioni. Vedremo se quelle di Bocchino si avverano».

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