M eglio dello Zecchino d'oro. Matteo Renzi arriva alla scuola elementare «Raiti» di Siracusa e i bambini, perfettamente sincronizzati e inquadrati, partono all'unisono con una melodia zuccherosissima: «Facciamo un salto / battiam le mani / ti salutiamo tutti insieme/ presidente Renzi». È il Renzino d'oro. Imbarazzante che più imbarazzante non si può. Il Duce non avrebbe trovato un'accoglienza migliore. E infatti Beppe Grillo si stropiccia gli occhi e si butta al volo sulla canzoncina: «La scena del Venditore di Pentole che incontra i bambini che lo ricevono alienati e addestrati con un coretto di benvenuto ricorda, in peggio e in grottesco, gli incontri di Mussolini con i figli della Lupa».
Ognuno può fare il paragone che vuole, anche saccheggiare i cinegiornali anni Trenta tutti muscoli, ottimismo e grandi orizzonti. Ma certo la sbornia da renzismo sta raggiungendo nel Paese vette prima immacolate. Al confronto anche lo straripante Cavaliere pare un personaggio introverso e chiuso nel suo guscio. Dunque Renzi, Renzi che vuole tastare il polso del Paese e che ama passare le sue giornate lontano dalla capitale, in mezzo ala gente, si presenta a Siracusa. Non è la prima scuola che il neopremier visita perché c'era già stata una prima uscita in Veneto, accompagnata in verità da un'altra colonna sonora: la ruvida contestazione dei Forconi. In Sicilia invece non vogliono perdersi l'occasione. I bambini vengono indottrinati da un Apicella locale, assai più temerario dell'originale, che firma il testo studiato e imparato a memoria, ma precauzionalmente scritto su un foglietto distribuito ai piccoli cantori. «Muoviam la testa / facciamo festa... A braccia aperte ti diciamo Benvenuto al Raiti...» E qui la rima incespica e va a farsi benedire, ma pazienza. Nessuno è perfetto, neppure l'ignoto compositore di Siracusa. Siamo nell'atrio del «Raiti» e i fanciulli ordinati e colorati nei loro grembiulini azzurri e blu, fanno sfoggio di tanta bravura. Manco fossero una corale bavarese. Per la musica da sempre bistrattata, quasi una Cenerentola del nostro sistema formativo, è una piccola rivincita. Si poteva fare di meglio ma le note sono tutte per lui: «Matteo, Matteo», gridano scatenati i ragazzi. Improvvisano girotondi, ballano, forse scambiano l'arrivo del premier per l'ora di educazione fisica. Del resto trasudano gioia, come recita il testo del minicapolavoro intitolato «Clap and jump per Renzi»: «Siamo felici / e ti gridiamo / da oggi in poi, dovunque vai, tu non scordarti di noi/ dei nostri sogni... delle speranze/ che ti affidiamo, con fiducia, a ritmo di blues». Apoteosi.
Ma sì, Matteo è meglio di Gesù Bambino con presepe e paglia incorporati, lui mette le ali ai desideri della nostra gioventù che il vecchio ceto politico, ovvero tutto il Palazzo meno Renzi, aveva riempito di piombo. «Le ragazze.. i ragazzi tutti insieme ... alle tue idee e al tuo lavoro affidiamo il futuro». Un finale così, francamente, sbaraglia la concorrenza mondiale. Altro che Duce, nemmeno l'Unione Sovietica del Piccolo padre Stalin si sarebbe spinta a tanto.
Renzi va ben oltre: definirlo uno e trino vuol dire limitarlo nelle sue fantastiche evoluzioni. Renzi non ha confini. Non conosce barriere. È sempre più in là. A Siracusa raccoglie il plauso dei bambini, dei loro insegnanti, dei bidelli, forse anche dei muri. Tutti mano nella mano in un girotondo renziano. Quando si dice la claque.
L'avessero fatto per Silvio, avrebbero chiamato anche i pastori sardi a fischiare e a gridargli «Buffone». E il New York Times e Le Monde ci avrebbero inzuppato il pane sul pifferaio che sfrutta i sentimenti e non si ferma nemmeno davanti all'innocenza. Ma Renzi è nuovo e il nuovo luccica meglio di un'illusione. Tutti con lui, allora.
Solo Grillo, da vecchio comico, si lancia a capofitto in quel cartone animato e punzecchia ferocemente l'avversario: «È peggio di Mussolini con i figli della Lupa».
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