Roma - In conferenza stampa arrivano insieme e se ne vanno insieme, senza dimenticare l’immancabile photo opportunity che li immortala mentre si stringono la mano tra sorrisi e pacche sulle spalle. Insomma, Silvio e Giulio appassionatamente. Dopo giorni di tormenti a cercare di tirare le fila della manovra con qualche affanno pure per un mediatore provetto come Gianni Letta. D’altra parte, il copione era scritto. Perché al di là delle tensioni Berlusconi non ha mai avuto dubbi sul fatto che l’immagine che deve passare all’esterno è quella di un governo compatto. Davanti alle telecamere, ma pure a sera durante la cena a porte chiuse con tutti i parlamentari del Pdl. Dove i due mettono in scena un gustoso siparietto. «Giulio mi ha spiegato più e più volte il patto di stabilità ma senza mai soddisfarmi», dice il Cavaliere. «È totalmente asessuato...», si inserisce l’Armosino tra le risate e con il premier che scherzando minaccia di denunciarla ai probiviri del Pdl. Poi, dopo qualche ironia sul microfono davanti al ministro dell’Economia che è sempre rivolto verso il basso, altra battuta sulle escort. «Finalmente - dice Berlusconi - ho capito cos’è: una mignotta che parla inglese». Dopo ironizza sul tetto alla tracciabilità dei pagamenti: abbiamo deciso la soglia dei 5mila euro, così si possono pagare le mignotte.
Battute a parte, Berlusconi e Tremonti affrontano anche il capitolo manovra. E tutti e due smentiscono l’ipotesi di abolire le Province sotto i 220mila abitanti. «È una notizia falsa», dicono ai parlamentari del Pdl. Stoppando sul nascere le speranze dei finiani che in una lettera aperta chiedevano un azzeramento totale. D’altra parte, spiega il ministro, «siamo stati vittima del tradimento di alcuni uffici» che «hanno volutamente messo in giro false anticipazioni della manovra». Poi, la digressione sulla tassa sul turismo per Roma. «La chiameremo Waltertax», dice Tremonti.
Insomma, dopo la conferenza stampa, anche durante la serata con i parlamentari Berlusconi e Tremonti sembrano l’immagine dell’armonia. Anche se nella testa del Cavaliere restano le preoccupazioni per una manovra che non lo convince fino in fondo. A partire dalla stretta per i dipendenti pubblici che - ammette in mattinata nelle sue conversazioni private - lo preoccupa. Gli statali, infatti, sono circa tre milioni e 600mila e mettendoci dentro pure i loro familiari è chiaro che l’impatto sul consenso del governo può essere duro. Berlusconi lo sa bene, tanto che i sondaggi che arriveranno sulla sua scrivania lunedì monitoreranno anche questo fronte.
Che il momento sia difficile, però, Berlusconi lo sa bene. E non è un caso che abbia deciso di lanciare segnali di fumo sia all’opposizione che a Fini. Perfino al Quirinale, se sulla nomina del successore di Scajola si lascia sfuggire che ci sta ragionando «anche con il capo dello Stato». Al Pd, invece, la mano tesa arriva durante l’incontro serale con i presidenti di Regione del centrodestra, dove - «visto il momento difficile» - si decide all’unanimità di offrire la presidenza della Conferenza delle Regioni all’uscente Errani. Mentre Casini - dice ai parlamentari - continuiamo ad aspettarlo.
Diplomazia in campo anche con il presidente della Camera se per la prima volta dopo le accese frizioni degli ultimi mesi Bocchino (insieme ad Augello) rimette finalmente piede a Palazzo Grazioli. Con un piccolo giallo, visto che l’animatore di Generazione Italia racconta in privato di essere stato accolto di persona dal Cavaliere.
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