Provincia di Viterbo, guerra tra comunisti

Claudia Passa

Nella verde Tuscia torna a scorrere il sangue. Sangue «rosso», che più rosso non si può. Già, perché a turbare il sonno dell’amministrazione ulivista della Provincia di Viterbo è una guerra fratricida fra Rifondazione e il Partito dei Comunisti italiani in cui milita l’assessore all’Ambiente Stefano Di Meo, di cui i «cugini» del Prc avrebbero chiesto la «testa» al presidente Alessandro Mazzoli (Ds).
Il conto alla rovescia per la verifica di maggioranza è già scattato, e in Provincia assicurano che se ne vedranno delle belle. Anche perché le ultime scintille non sono che l’ennesimo capitolo di una lunga serie di contrasti iniziati subito dopo la vittoria di misura dell’Unione alle elezioni del 2005. E se fino a oggi le pur pesanti schermaglie erano rimaste a livello politico-mediatico, negli ultimi giorni la stampa locale ha gettato benzina sul fuoco parlando di un documento che Rifondazione avrebbe fatto pervenire riservatamente al presidente della Provincia sollecitando l’estromissione di Di Meo dalla giunta, e che sarebbe rimasto segreto fino a oggi per non interferire con la tornata amministrativa del 28 e 29 maggio. Mazzoli, va detto, ha smentito la circostanza. «Il documento a me non risulta, e non risulta nemmeno al presidente - ha replicato Di Meo -. Io devo essere giudicato per il lavoro svolto. Posso stare più o meno simpatico a Rifondazione, ma il giudizio va dato sui fatti». Ma se a giudicare questi fatti dovrà essere la maggioranza ulivista che sostiene la giunta, la situazione potrebbe complicarsi, perché da un po’ di tempo l’unico consigliere eletto in quota Pdci ha deciso di saltare lo steccato e transitare nelle file di Rifondazione comunista, lasciando Di Meo senza rappresentanti nell’assemblea provinciale.
E ancora. Su iniziativa di due consiglieri del partito di Bertinotti, una recente performance potrebbe finire al vaglio della Corte dei conti. Il riferimento è al ricorso ipotizzato da Riccardo Fortuna e Massimo Miccini (Prc) a seguito del concerto di solidarietà organizzato i primi di maggio. Ospite d’onore l’ex Equipe 84 Maurizio Vandelli, scopo della lodevole iniziativa - organizzata da un’associazione - una casa famiglia per bambini nello Zambia. Peccato che a fronte di un cospicuo finanziamento pubblico (15mila euro stanziati dalla Provincia, a quanto pare grazie ai buoni uffici di Di Meo, e 10mila previsti come impegno di spesa dalla Regione) il ricavato da devolvere per l’Africa avrebbe a malapena raggiunto i 10mila euro. Per questo gli esponenti di Rifondazione hanno annunciato giorni fa l’intenzione di valutare se vi siano gli estremi per rivolgersi alla magistratura contabile. Non solo: a scaldare gli animi è stato anche il licenziamento dalla segreteria dell’assessorato all’Ambiente di Nando Riccitelli, coordinatore provinciale del Pdci e fino a qualche tempo fa considerato un «fedelissimo» di Di Meo, che in passato aveva già fatto parlare di sé per aver assunto suo genero in veste di autista-segretario, con il disappunto di Rifondazione.
Insomma, la temperatura è incandescente. Il pressing della Cdl è costante, e anche gli altri partiti dell’Unione sono in stato di agitazione.

In questo clima non hanno certo giovato le voci circolate negli ultimi giorni - subito smentite dagli interessati - secondo le quali Di Meo e sua moglie Maria D’Alessandro, candidata a sindaco a Fabrica di Roma con una lista civica vicina al Pdci, sarebbero stati visti festeggiare per la vittoria della Cdl nel paesino della Tuscia. L’assessore ha smentito seccamente. Ma il terremoto nella sinistra viterbese è destinato a non finire qui.

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