Il rock nasce con lavvento della cultura giovanile, in un momento in cui né la collettività né il mondo della comunicazione hanno nulla da offrire ai giovani; e nasce come contrapposizione, provocando la generale disapprovazione della società. Lesempio simbolo è il film Il seme della violenza del 1955. È la storia di un professore (Glenn Ford) che insegna in una scuola difficile del Bronx. Per socializzare coi teppisti, porta in aula la sua collezione di dischi. Parte con I Cant Get Started di Bunny Berigan ma alle prime note i ragazzi si scatenano: «Questo sarebbe un cantante?, ma non ha Tony Bennett e Perry Como?. Questa è roba da quattro soldi». E via con la distruzione dei preziosi dischi, scagliati contro i muri mentre il prof piange. Questa era latmosfera ribelle sollecitata dal rock. Ora, oltre mezzo secolo dopo, cè Amici, palestra di grandi talenti, braccio armato che rinforza le agonizzanti case discografiche, nuovo Messia che annuncia la Resurrezione della musica. Difficile contestare il trionfo dei De Filippi boys, che volano ad occupare manu militari le classifiche dei cd e prenotano case con vista sul Festival di Sanremo. Manca poco alla beatificazione del talent, simbolo invitto della nuova cultura giovanile.
Amici e tutti i talent delluniverso hanno però dato un colpo mortale allo spirito ribelle del rock, nato come miscela di commercio e creatività altamente infiammabile. Quella di Amici è una rivoluzione al contrario; la vittoria della musica per ragazzi che affossa i principi originari del rock. Come diceva Flaiano non sarà la storia ma la tv a raccontare la società. Il rock nascente era visto come la peste dal potere; con Loredana Errore, Emma Marrone, Pierdavide Carone ora il pop diventa istituzione e potere, parte dalla tv annunciando con grancasse e fanfare che questo è lo stile che tira e ogni piccolo divo è un valore monetario liquido con corsia preferenziale sulla via del successo. Un tempo andava di moda la vita sulla corsia di sorpasso, ora si diventa star passando dal tubo catodico, coccolati dal dio degli ascolti. Non illudiamoci, anche ai tempi doro il rock era un bene di consumo e il divo un supervenditore (Elvis docet) ma almeno molti di loro hanno vissuto di protesta e di rischio, non di televoti e di superpremi da 200mila euro. Tutto ciò non annulla il talento coltivato da maestri e «vocal coach» di lusso. Quanto durerà? «Non mi fido della Tv, anche se i ragazzi dei talent sono bravissimi - dice Shel Shapiro, che con i Rokes vendeva più di Vasco e Scanu messi insieme -, il problema è che questi non vogliono farsi il mazzo. Il vero rock fatto di sacrificio è morto; non è chic, e bohemienne oggi equivale a sfigato».
Sarà che siamo vecchi, e pure invidiosi per aver perso i nostri punti di riferimento. A 50 anni non sai più che dischi comprare. Emma & C. non ti dicono niente, i sopravvissuti dellera Elvis sono ottuagenari che stanno a malapena sul palco (vedi Jerry Lee Lewis, che scandalizzò mezzo mondo dando fuoco al pianoforte, suonandolo coi piedi e sposando la cugina 16enne), i rocker duri e puri sono 60enni con problemi di tenuta atletica, il punk (anchesso manipolato dai media ché, fatta salva la potenza riottosa dei suoni, fu creato a tavolino dal faccendiere Malcolm McClaren e dalla stilista Vivienne Westwood) ha fatto presto il suo tempo, e poi ancora tanti eroi ma il rock non si capisce se sia più «bollito» o emarginato.
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