Se entro la notte non vi sarà un accordo tra maggioranza e opposizione, l'apparato federale statunitense si troverà a secco. Non sarà un fallimento (come qualche semplificazione ha lasciato intendere), ma certo ci potrà essere il blocco di varie attività rimaste senza soldi. A rendere possibile la cosa sono i contrasti tra repubblicani e democratici su temi caldi come l'aborto e l'ambiente (con l'amministrazione Obama desiderosa di spendere e l'opposizione che è contraria), ma sullo sfondo c'è molto di più.
Questa situazione è figlia di una forte mobilitazione dell'America che non vuole «europeizzarsi» e non intende subire altre dosi di socialismo. Con gli ultimi anni di Bush e con la nuova presidenza democratica, il debito è cresciuto in maniera esponenziale e tanti statunitensi sanno bene cosa tutto ciò significhi per il loro futuro. Vogliono difendere l'America delle opportunità e dei diritti individuali: e se per fare questo bisognerà sospendere talune attività e magari anche eliminare qualche incentivo riservato ai settori protetti, poco male.
D'altra parte, chi incontra i militanti dei Tea Party scopre persone desiderose di «liberarsi» quanto più sia possibile dei dipendenti federali. Se l'America è in crisi, per quale motivo deve perdere il posto solo chi sta nel privato? C'è anche da dubitare che i programmi assistenziali messi rischio facciano davvero il bene dei più deboli. Il loro fallimento storico è sotto gli occhi di tutti e se resistono a dispetto di tutto è solo perché, in tanti casi, attorno a quei progetti si sono creati molti posti pubblici e vari interessi che ora è difficile mettere in discussione.
Visti dall'Italia sono dibattiti strani. Da noi alla peggio si innalzano le accise sulla benzina di un centesimo o due: e se il comune di Roma o Taranto sono al collasso, nessuno chiede loro di cedere partecipazioni e investimenti! Piuttosto si fa una legge ad hoc e si inondando i comuni dissestati con i soldi dei contribuenti.
Quando i corrispondenti dall'America, in questi giorni, hanno additato al pubblico ludibrio l'opposizione repubblicana hanno più volte sottolineato che qualche museo potrebbe provvisoriamente chiudere. Nella capitale ce sono molti davvero straordinari e uno di essi è la National Portrait Gallery.
È un posto interessante, che i nostri corrispondenti televisivi dovrebbero visitare, se già non l'hanno fatto. Non contiene altro che ritratti: i volti degli uomini - degli individui - che in vario modo hanno fatto l'America. Lì non c'è proprio modo di trovare «Il Quarto Stato» di Giuseppe Pellizza da Volpedo, con la sua mitologia della massa.
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